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Putin introvabile: si ipotizza la fuga. Mosca incassa il sostegno cinese

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Andrea Riccardi
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 Il giorno dopo la "ribellione", poi rientrata, da parte del gruppo Wagner, la situazione in Russia è di calma apparente. Le truppe di Yevgeny Prigozhin, come promesso, lasciano la città di Rostov, tra gli applausi di molte persone, e così Voronezh e la regione di Lipetsk, allontanandosi da Mosca. Nella capitale russa, però, restano ancora in vigore le norme antiterrorismo e il «giorno non lavorativo» annunciato per oggi dal sindaco Sergei Sobyanin. Anche nelle cancellerie di tutto il mondo le reazioni pubbliche restano piuttosto caute. Il segretario di Stato americano, Anthony Blinken, sottolinea come i fatti di sabato abbiano dimostrato che all’interno del sistema di potere russo ci sono «vere crepe», ma non si spinge oltre, perché «il film è ancora in corso e non abbiamo visto l’ultimo atto». I ministri degli Esteri dell’Ue ne discuteranno domani al Consiglio in programma a Lussemburgo.

 

Putin, dal canto suo, incassa la dichiarazione di sostegno della Cina, che «in qualità di vicino amichevole e partner strategico globale di coordinamento nella nuova era, sostiene la Russia nel mantenimento della stabilità nazionale e nel raggiungimento di sviluppo e prosperità». Una nota che giunge dopo l’incontro avvenuto a Pechino fra il viceministro degli Esteri di Mosca, Andrei Rudenko, e il capo del ministero degli Esteri cinese Qin Gang. Le uniche posizioni nette arrivano, comprensibilmente, dall’Ucraina. «Comunque andrà, questo è l’inizio della fine di Putin», afferma Mikhyalo Podolyak. Il consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky parla di «tragicommedia» che spiega «in maniera eloquente» ai leader mondiali perché l’Ucraina non vede possibilità di negoziato con la Russia di Putin. «Con chi possiamo parlare di qualcosa se il soggetto principale ha letteralmente il potere che gli scivola dalle mani come sabbia tra le dita? », chiede Podolyak.

 

Il leader del Cremlino si limita a far sapere di aver avuto un altro colloquio con il fedele alleato Alexander Lukashenko, presidente della Bielorussia, dove dovrebbe essere esiliato Prigozhin dopo la decisione di fare dietrofront quando era a soli 200 chilometri da Mosca. Viene però diffusa un’intervista rilasciata al canale televisivo Rossiya-1, ma registrata il 21 giugno, nella quale il presidente russo si dice «fiducioso» in merito al raggiungimento degli obiettivi «dell’operazione militare speciale», quella in Ucraina, alla quale si dedica quotidianamente: «La mia giornata inizia e finisce con questo».

 

Intanto è giallo anche sulla presenza di Putin a Mosca. Secondo alcune fonti potrebbe trovarsi in una delle sue residenze, lontano dalla capitale. Se i principali protagonisti della vicenda non escono allo scoperto, si moltiplicano le voci derivanti da fonti di intelligence. Secondo il Washington Post il leader del Cremlino sarebbe stato informato «almeno 24 ore prima» della volontà del capo della Wagner di mettere in atto un tentativo di ribellione in Russia. Mentre per il New York Times gli 007 americani erano a conoscenza del fatto che Prigozhin si stava preparando a «intraprendere un’azione militare contro alti funzionari della difesa russa» circa da «metà giugno». Intanto, nel parcheggio di un hotel di San Pietroburgo, considerato una delle basi di Prigozhin, le forze speciali russe hanno ritrovato un van bianco con al suo interno scatole di banconote per un valore di 4 miliardi di rubli, oltre 43 milioni di euro, e lingotti d’oro. La scoperta - resa nota dal portale di inchiesta russo "Fontanka" con tanto di fotografie - sarebbe stata effettuata sabato sera e lo stesso Prighozin, su Telegram, avrebbe spiegato che si tratta di denaro per «il pagamento degli stipendi dei soldati». E ieri sera, a Mosca, è scattato l’allarme per l’esplosione di un’auto che conteneva tre bombole di gas. Nessuna persona sarebbe rimasta ferita. 

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