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Ungheria, l'Ue sospende i fondi a Orban ma Budapest accetta le richieste

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Stavolta la Commissione europea sull'Ungheria fa sul serio. In una fredda domenica di Bruxelles i commissari hanno deciso all'unanimità di tagliare i fondi Ue al governo Orban se non attuerà rapidamente tutti gli impegni presi sullo stato di diritto. Sotto inchiesta sono finiti tre programmi della politica di coesione, in cui l'Ue ha riscontrato "irregolarità sistematiche e carenze e debolezze negli appalti pubblici, insufficienze nell'affrontare i conflitti di interesse e carenze nell'efficace svolgimento delle indagini e delle azioni penali nei casi che coinvolgono fondi dell'Unione". Verrà pertanto sospeso il 65% di tali programmi, pari a 7,5 miliardi, un terzo di tutti i fondi per la coesione destinati a Budapest. La decisione della Commissione dovrà essere ora approvata dal Consiglio Ue entro un mese - ma è probabile si utilizzi la proroga di altri due mesi - con una maggioranza qualificata del 55% degli Stati rappresentanti il 65% della popolazione. La Commissione ha chiesto al Consiglio di tenere conto degli eventuali sviluppi che arriveranno da Budapest, ma quando il regolamento verrà messo ai voti sarà interessante vedere come si orienteranno gli Stati - e il nuovo governo italiano - su una questione inedita nelle procedure di Bruxelles.

È la prima volta che viene applicato il meccanismo delle condizionalità dello stato di diritto, uno strumento voluto dalla precedente Commissione Junker per proteggere il bilancio dell'Unione, di fatto una delle armi di cui l'Ue si è voluta dotare per punire chi non rispetta la trasparenza delle procedure pubbliche, l'indipendenza della magistratura, la separazione dei poteri e l'uso corretto dei fondi pubblici. Il regolamento è in vigore dal gennaio 2021, ma la Commissione ha voluto applicarlo solo dallo scorso aprile, dopo il pronunciamento della Corte di giustizia europea sui ricorsi di Ungheria e Polonia. Negli ultimi mesi l'esecutivo europeo ha avviato un intenso dialogo con le autorità ungheresi, che si sono impegnate ad approvare 17 misure correttive. Ma la Commissione vuole dei fatti.

"Vediamo impegni e promesse e vedremo nei prossimi due mesi come verranno attuate", ha affermato il commissario Hahn, che si è detto "fiducioso". "Purtroppo, la pressione finanziaria mostra i suoi effetti e questa era l'intenzione" di questo regolamento sulle condizionalità sullo stato di diritto, "quella di avere uno strumento potente per indirizzare le carenze sullo stato di diritto. Quello che dobbiamo fare ora è ricostruire la fiducia".

Da Budapest fanno sapere che "il governo ha accettato le richieste della Commissione europea", ha detto il ministro della presidenza del Consiglio ungherese, Gergely Gulyas, aggiungendo che le nuove leggi entreranno in vigore a novembre. Il capo dello staff di Orban parla anche di "un passo verso la fiducia reciproca", a sottolineare che forse qualcosa è cambiato. L'Ungheria si è impegnata a creare una nuova autorità indipendente, una task force anticorruzione, a modificare il codice penale per consentire il controllo giurisdizionale delle decisioni dell'accusa, a introdurre il sistema di utilizzo dei dati con un punteggio di rischio sui finanziamenti pubblici, compresi quelli europei, ad apportare modifiche alla legge sugli appalti pubblici e a implementare una riforma del sistema di dichiarazione dei beni per funzionari pubblici. Ora il governo Orban avrà fino al 19 novembre per dare seguito alle richieste della Commissione, secondo uno stringente cronoprogramma, pubblicato in calce al regolamento adottato oggi.

Questa volta non sono ammessi tentennamenti e forse per la prima volta, fallita la strada dei ricorsi e delle invettive contro Bruxelles, l'Ungheria di Orban dovrà piegarsi ai desiderata di Bruxelles se non vuole perdere i soldi su cui ha basato anche il suo successo elettorale. "Questo è il momento di dimostrare che i loro impegni sono seri e trasformarli in realtà sul campo", ha esortato la vicepresidente della Commissione europea Vera Jourovà. Insomma, dopo un braccio di ferro durato anni, questa volta l'Ue sembra segnare un punto mettendo il governo ungherese con le spalle al muro. Non solo: le riforme richieste per sbloccare i fondi di coesione congelati saranno incluse anche nel piano di ripresa e resilienza al centro di una lunga trattativa tra Budapest e Bruxelles e che dovrà ricevere l'ok della Commissione entro dicembre, se il governo ungherese non vuole perdere anche questi 7,2 miliardi.

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