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Darya Dugina, si indaga sull'esplosione a Mosca: "La bomba è russa"

Angela Bruni
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Darya Dugina, figlia del filosofo ed ideologo Aleksandr Dugin molto vicino al presidente russo Vladimir Putin, è rimasta uccisa nell'esplosione dell'auto che stava guidando vicino al villaggio di Bolshiye Vyazemy nella regione di Mosca. L'auto esplosa, una Toyota Land Cruiser Prado, apparteneva a suo padre, ha affermato Andrey Krasnov, il capo del movimento sociale Russian Horizon e testimone dell'incidente, spiegando che Dugin è subito corso sul luogo dell'esplosione. I due avevano preso parte al festival Traditions, vicino Mosca. Al momento di andare via, Dugina ha preso l'auto del padre.

«Darya guidava un'altra macchina ma oggi ha preso la sua macchina, mentre Aleksandr è andato via in un modo diverso. È tornato, era sul luogo della tragedia. Per quanto ho capito, Aleksandr o probabilmente loro due insieme erano l'obiettivo», ha detto ancora Krasnov. Le autorità russe hanno aperto un'inchiesta sulla morte di Dugina, che il Comitato Investigativo della Federazione Russa considera come un «crimine pianificato in anticipo e realizzato su commissione».

L'esplosione che ha provocato la morte della figlia di Dugin viene, quindi, investigata come omicidio commesso «con particolare crudeltà e in modo pericoloso», con riferimento al paragrafo E comma 2 dell'articolo 105 del codice penale della Federazione Russa. La polizia russa ha cercato di ricostruire la dinamica che avrebbe portato all'esplosione, spiegando che degli ignoti hanno quasi sicuramente piazzato l'ordigno sull'auto mentre si trovava parcheggiata insieme a quelle degli ospiti del Festival. La morte di Dugina ha immediatamente innescato uno scambio di accuse tra Mosca e Kiev. In particolare, il capo dell'autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk, Denis Pushilin, ha puntato il dito contro i «terroristi del regime di Kiev» che «cercando di eliminare Aleksandr Dugin, hanno fatto saltare in aria sua figlia».

A rincarare la dose la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, secondo cui se la «pista ucraina» dovesse essere accertata, confermerebbe il «terrorismo di stato di Kiev». Accuse rispedite al mittente direttamente dal governo ucraino che, tramite Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente Volodymyr Zelensky, ha dichiarato di non «avere nulla a che fare» con la morte di Dugina. «Non siamo uno stato criminale come la Russia», ha commentato Podolyak. La morte della figlia di Dugin «non è un argomento di nostro interesse», ha poi fatto sapere Andrii Yusov, portavoce dell'intelligence militare ucraina. «No comment», dunque, anche se, parlando al Washington Post sempre in riferimento alla morte di Dugina, Yusov ha aggiunto che «il mondo russo mangerà e divorerà se stesso dall'interno».

Darya Dusigina era stata inserita nella lista dei sanzionati dal dipartimento del Tesoro Usa perché indicata come responsabile di un sito di disinformazione chiamato United World International. In questo sito è stato scritto che l'Ucraina sarebbe «perita» una volta ammessa nella Nato. Il sito, spiegano gli americani, è il frutto di un'operazione di interferenza politica russa, chiamata «Project Lakhta,» che secondo i funzionari del Tesoro ha usato utenti fittizi online per interferire nelle elezioni negli Usa sin dal 2014. Nata nel 1992, era laureata in filosofia all'università statale di Mosca, Dugina aveva seguito le orma del padre e scriveva per Tsargard e Rt, testate filo Cremlino, con lo pseudonimo di Darya Platonova. Era uno degli autori del «libro di Z» sull'invasione russa dell'Ucraina di prossima pubblicazione. Il 4 luglio era stata inserita nella lista dei sanzionati dal Regno Unito che ha descritto i suoi «frequenti contributi di alto livello alla disinformazione relativa all'Ucraina e all'invasione russa dell'Ucraina su diverse piattaforme online». 

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