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Macron rieletto, l'Europa anti-sovranista tira un respiro di sollievo. E ora può ripartire il negoziato con Putin

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Il Re di Francia è di nuovo Emmanuel Macron. E questo pone subito un tema immediato. Il Presidente francese prende spinta dalla riconferma popolare per rafforzare la sua linea nella guerra in Ucraina messa in campo, che verte sulla ricerca di un confronto con Putin, per dare sostanza ad un negoziato dove, sin qui, l’Europa è stata marginale. Macron ha, in sostanza, fatto coincidere la parte iniziale della sua campagna elettorale (giocata nell’arena ordinaria soltanto in coda, mentre i competitor sono stati in partita più a lungo) con i tentativi di dialogo con Putin, cercando di disinnescare prima l’avvio dell’invasione e poi l’aumento di intensità delle operazioni belliche.

La sfida del negoziato
Non c’è riuscito, per quanto ciò sia imputabile più che a lui, ad una carenza di sistematicità nell’azione europea, finora incapace di assumere una posizione autonoma rispetto agli Stati Uniti. Tuttavia, anche per Macron i dati Fmi segnano un ribasso evidente delle stime di crescita, con -0,6%. Questo, sommato ai rischi escalation per il Vecchio Continente, lo ha portato ad assumere una posizione frenante rispetto alle intemperanze verbali Biden su Putin. La scommessa del negoziato, dunque, è il primo nodo sulla strada di Macron, ma non potrà scioglierlo da solo in Europa. E se si eccettua la Germania (ma Scholz ha svariati problemi interni) i presupposti non appaiono i migliori.

 

Il tema sociale
Tutto questo si ricollega al fattore interno. Anche la Francia paga il pegno del rialzo delle materie prime e della crisi energetica (per quanto attenuata dalla presenza del nucleare come fonte), e questo rileva sull’enorme dossier che il presidente avrà di fronte nel suo secondo mandato: la lotta alle disuguaglianze. Mentre qui in Italia, di fatto, l’approccio analitico sulle elezioni si è automonopolizzato attorno all’incubo Marine Le Pen, di cui Macron è stato considerato dai benpensanti l’antidoto, e dalle fosche previsioni intorno ad una sua vittoria (terremoto dell’Europa, Cavallo di Troia della Russia e altri mostri), in Francia il tema centrale è stata la questione economica.

La spia aritmetica è arrivata dal risultato del candidato dell’ultrasinistra, Jean Luch Melenchon al primo turno, che ha totalizzato il 22% ponendo, di nuovo, sul tavolo sia di Macron che di una Le Pen dai toni più istituzionali, il tema dei forgotten people. Già, come nel 2016. I dimenticati, i disoccupati, gli abitanti delle periferie. Di questo c’è stata piena consapevolezza, rivendicata anche dalle uscite pubbliche di Eduard Philippe, ex premier di Macron nel frattempo diventato sindaco di Le Havre e sceso in campo in campagna elettorale per il presidente. Affrontata su due lati. Il primo è quello delle ricette programmatiche: dal taglio delle tasse di successione alla cancellazione del canone televisivo e la diminuzione delle tasse per le coppie conviventi. E ancora il blocco dei prezzi sull’energia e il potenziamento degli strumenti di formazione per l’inclusione al lavoro (anche in Francia c’è una specie di Reddito di Cittadinanza, su cui però Macron ha proposto di aumentare il peso dei requisiti).

 

Operazione Maquillage. Fino a che punto?
L’altro aspetto legato al tema sociale è stato quello del profilo pubblico, con un Macron impegnato a smussare quegli spigoli che lo hanno reso, in questi anni, metafora del candidato nelle elite. Sfida difficile nei confronti di una Marine Le Pen che da sempre ha fatto della conflittualità «alto-basso» il suo messaggio fondante. Non a caso si colloca in questo quadro l’attacco a testa bassa di Macron (e prima di lui del suo ministro dell’Economia Le Maire) alla remunerazione dell’Ad di Stellantis, Carlos Tavares, in una polemica che ha tenuto banco per giorni. Tuttavia il maquillage dell’inquilino dell’Eliseo è emerso nella sua nitidezza durante il faccia a faccia con la candidata del Rassemblement, dove lui è spesso scivolato in quella supponenza che spesso, negli anni, lo ha identificato. Dunque attenzione: gilet gialli e difficoltà nelle balienues (che negli ultimi tempi hanno ricominciato a fibrillare), sono sempre in agguato. E i dati sull’astensionismo mostrano assai bene quanto sia diffuso il senso di distacco verso la politica. 

Transizione ecologica
Altro tema importante, poi, è quello della transizione ecologica. Macron ha assegnato al dossier una grande importanza. Il prossimo premier verrà assegnata una delega apposita. Si spingerà l’acceleratore sulla riconversione energetica delle case e verranno messe in cantiere 14 nuove centrali nucleari.

Rapporti con l’Italia
Virando su questioni di nostro stretto interesse, poi, è prevedibile una continuità nel rapporto con l’Italia. In questi anni, Mario Draghi ha trovato in Macron un interlocutore molto attento e favorevole sul piano del contrasto al rigorismo dei Paesi frugali, specie sul ritorno al patto di stabilità. Un disallineamento, però, potrebbe esserci sul dossier ucraino dove il Presidente del Consiglio Italiano ha assunto una linea di bidenismo ortodosso. 

 

L’illusione eurolirica
Da ultimo, va considerato un altro riflesso sul piano europeo. Tendenza di questi anni è stato considerare ogni sconfitta di leader sovranisti come la conferma del dogma dell’insindacabilità dell’Europeismo. Attenzione: dall’esito elettorale esce un blocco eurocritico ben al di sopra del 40%, a cui va aggiunta una parte consistente degli astenuti che non digeriscono le politiche di Bruxelles. Non basta la vittoria di Macron per oscurare le gravi mancanze che l’Unione sta dimostrando nell’affrontare questa nuova, difficilissima fase.
 

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