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Il mondo rovesciato e il qualunquismo italico che colpevolizza più Volodymyr Zelensky di Vladimir Putin

Riccardo Mazzoni
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La guerra lampo di Putin in Ucraina è fragorosamente fallita, e se ora è aperto un tavolo di trattative con qualche esiguo spiraglio di pace non lo si deve certo all'improvvisa benevolenza del despota di Mosca, ma alla determinazione fino all'eroismo con cui un intero popolo ha fronteggiato l'invasore. Questo è un dato di fatto ben descritto dalla situazione sul terreno, che vede la ritirata tattica dell'esercito russo dalla periferia di Kiev ai confini bielorussi. In un mese il conflitto ha seminato orrore, morte, disperazione e milioni di profughi, facendo crescere in Europa un'onda emotiva di solidarietà senza precedenti, ma i danni collaterali della guerra, dal caro gas al caro petrolio, combinate con l'invio di armi alla nazione aggredita, hanno alimentato soprattutto in Italia un moto di risentimento indirizzato, a causa di antichi riflessi prepolitici come l'antiamericanismo, in una direzione obliqua. Sui social, ad esempio, sta girando una foto di Putin e di Biden posti faccia a faccia con sotto la scritta «fermateli»: una sorta di rozzo manifesto ideologico che mette sullo stesso piano il diavolo e l'acqua santa, non perché Biden sia un santo, ma perché questa radicata corrente di pensiero epigona del pacifismo rosso tende a individuare sempre negli Stati Uniti il suo nemico storico, anche distorcendo la realtà. Biden è un gaffista seriale, ed è vero che la frase dal sen fuggita nel discorso al Castello di Varsavia ha messo in imbarazzo l'Europa e lo stesso Dipartimento di Stato, ma paragonarla ai missili di Putin è a tutti gli effetti una forzatura concettuale senza senso.

 

 

La frattura ideologica che ai tempi della Guerra fredda ha diviso l'Italia è un frutto avvelenato della storia che ha lasciato tracce profonde nel corpo sociale, a cui si è progressivamente aggiunta una diffusa disillusione politica che, attingendo alla fonte inesauribile del qualunquismo italico, ha moltiplicato le pulsioni populiste che trovano ancora una solida rappresentanza in Parlamento. Le crisi finanziarie del nuovo secolo e due anni di pandemia hanno fatto il resto, con l'impoverimento del ceto medio, e ora lo spettro di una lunga recessione, di sacrifici e di razionamenti causati dalla guerra fanno leggere la pagina di storia che stiamo vivendo con le lenti distorte dell'irrazionalità, finendo così per confondere aggressori e aggrediti. Una confusione trasversale che accomuna settori della destra e della sinistra, supportata anche dal tradizionale rifiuto del mondo cattolico di considerare le armi come l'unica deterrenza davvero capace di stabilizzare il mondo. Per cui in questo mondo rovesciato lo Zelensky che ogni giorno accompagna la sua formidabile comunicazione con la richiesta di missili e carri armati diventa più colpevole di Putin che ha mosso l'Armata rossa per eliminarlo.

 

 

Sempre in rete, infatti, è in tendenza questa miserevole storiella, significativamente intitolata "L'overdose": «Mettiamo che nel condominio accanto al tuo ci sia una famiglia in grosse difficoltà, parte la gara di solidarietà e tutti partecipano al massimo delle loro possibilità. Chi invia denaro, chi generi di prima necessità, chi ospita i figli, ecc. mentre il capo famiglia, lungi dal ringraziare, tutti i giorni viene a chiedere di più e ci infama pure. Un giorno va bene, dieci giorni pure, ma poi alla fine qualcuno si arrabbia e lo mette alla porta. Ogni riferimento all'Ucraina è puramente casuale, anzi no». Questo comune sentire lo si ritrova nei discorsi dei bar come nelle discussioni familiari, e denota il fastidio - molto più diffuso di quanto si creda - nel sentirsi coinvolti in una faccenda che non ci dovrebbe riguardare, perché in fondo nessuno di noi si alza con i missili sulla testa. Siamo di fronte, insomma, a una beata ma grottesca ignoranza della storia e del significato tragico di questa guerra che ha cambiato per sempre il profilo dell'Europa in cui siamo cresciuti. La campana questa volta è suonata per tutti.

 

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