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Ucraina, il figlio dell'oligarca russo Yakunin contro la guerra: "Basta morti Putin si fermi"

Alessandro Antonini e Francesca Marruco
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«Ci sono delle vite umane che vengono spezzate da quello che sta succedendo e questa è la cosa più drammatica. In Russia ci sono persone che si stanno opponendo a questa guerra, o come preferiamo chiamarla, e io sono una di queste». Chi parla è Andrey Yakunin, 47 anni, magnate russo figlio dell'oligarca Vladimir, ex Kgb considerato un tempo molto vicino a Putin. Andrey è un imprenditore internazionale nel campo degli hotel di lusso, attraverso il gruppo Viym di cui è cofondatore. Il suo ultimo progetto è in Umbria, a Perugia, si chiama Antognolla. Comprende la ristrutturazione di un castello, la costruzione di un resort con annesso campo da golf. Un investimento da 150 milioni. 

Yakunin, lei e il suo gruppo siete contrari all'azione messa in campo in Ucraina?
«Qualsiasi uso della forza militare deve essere evitato. Questa non è mai la risposta per risolvere qualsiasi controversia tra governi. Ogni ulteriore perdita di vite umane deve essere immediatamente fermata».

Crede che il suo investimento in Umbria possa subire contraccolpi alla luce delle sanzioni Ue?
«In situazioni critiche come quella che stiamo vivendo ora, tutte le aziende e tutti gli operatori economici sono colpiti, specialmente le aziende che lavorano nell'ambito dell'ospitalità e del turismo e tanto più le società che lavorano in un mondo globale e hanno interessi in Russia».

Ma al momento ci sono sanzioni per il suo gruppo?
«Non solo non ci sono sanzioni specifiche che riguardano il gruppo, ma stiamo cercando delle iniziative per poter supportare le persone per quello che sta succedendo in Ucraina».

Iniziative di che tipo?
«Da un punto di vista personale ho avuto dei contatti anche tramite gruppi WhatsApp con persone in Ucraina, con amici e conoscenti. Con l'azienda stiamo cercando di collaborare alle iniziative di solidarietà. Saremo lieti di supportare tutte le azioni di sostegno e aiuto alle popolazioni ucraine».

Nelle tv russe non si parla di l'uso della parola guerra, si parla di difesa dei russi in Ucraina. Non si parla di civili uccisi in Ucraina. Lei cosa pensa di questo modo di raccontare le cose? Cosa pensa che stia accadendo davvero?
«Non seguo abitualmente la tv, salvo per trasmissioni di intrattenimento e sport, ma leggo giornali russi, internazionali e di settore e mi sto informando da qui. Di solito leggo solo la mattina, ma la lettura adesso si è intensificata perché ci sono molte più cose su cui restare informati. Per quanto riguarda l'uso della parola guerra, non sono un linguista, non sta a me dire se l'utilizzo di questa parola sia giusta, soprattutto se l'utilizzo che ne fanno i giornalisti sia giusto o sbagliato. Quello che conta è che ci sono delle vite umane che vengono spezzate da quello che sta succedendo e questa è la cosa più drammatica che accade. In Russia ci sono persone che si stanno opponendo a questa guerra, o come preferiamo chiamarla, e io sono una di queste. Ovviamente esprimo una mia opinione personale. Siamo in un'era in cui i click richiamano molto e non sempre le cose sono dette in maniera del tutto veritiera e la sfida più grande per la stampa è raccontare gli episodi in maniera reale o non farlo in maniera sensazionalistica».

Visti i rapporti anche di suo padre con Vladimir Putin di cui le chiediamo conferma, crede sia giusto che imprenditori russi facciano un appello a Putin alfine di cessare il fuoco e andare a una trattativa diplomatica che porti allo stop del conflitto?
«Mio padre ha guidato la più grande società di trasporti in Russia, era anche uno dei più grandi datori di lavoro nel Paese. È andato in pensione nel 2015, ovvero sette anni fa e non ha alcun legame con Viym, non è mai stato partner, investitore o consulente dell'azienda. È inevitabile, quando si ricopre un ruolo del genere, avere un rapporto con il governo, con le istituzioni, e questo accade in ogni paese. Mio padre ha lavorato anche presso le Nazioni Unitee quando era a San Pietroburgo ha avviato una delle prime aziende internazionali. Quando era nelle ferrovie ha dato vita aduna collaborazione con un'azienda tedesca per l'alta velocità. Una volta uscito dal settore delle ferrovie, insieme ad altri studiosi, americani e altri provenienti da tutto il mondo, ha avviato una sorta di scuola di relazioni internazionali per dare sostegno a questa visione internazionale. Quindi, chiaramente il mio punto di vista è di parte, essendo mio padre, però credo che sia stato uno dei maggiori esponenti di un movimento che mira all'internazionalizzazione in un mondo globale».

Ma è vero o no che suo padre era nel Kgb ed era vicino a Putin?
«Mio padre ha parlato di questa parte della sua vita, in cui si occupava di aspetti internazionali, per così dire, meno formali, sia nel libro che ha scritto che durante il periodo alle Nazioni Unite».

Cosa pensa delle sanzioni alla Russia?
«Penso che sia veramente triste e tragico essere arrivati e ritrovarci in questa situazione. Venirne fuori richiederà un duro lavoro».

Crede che le sanzioni economiche siano una reazione esagerata o un modo per non entrare direttamente nel conflitto armato degli altri Paesi?
«È un privilegio parlare di queste cose qui in Umbria e in Italia. Io continuo ad avere rapporti di lavoro in Russia, dove sono state approvate delle leggi che rendono certe discussioni punibili penalmente e sarebbe irresponsabile da parte mia dare una risposta senza confrontarmi con il team che è in Russia. Come sto facendo di tutto per salvaguardare il progetto di Antognolla in Umbria, devo fare di tutto anche peril team che lavora in Russia. Inoltre io sono laureato in matematica, lavoro nella finanza e costruisco hotel, dal mio curriculum sicuramente capirete che non posso definirmi un esperto in relazioni internazionali. Posso però offrire il mio punto di vista personale».

E cioè?
«C'è una parte dei russi, un 20%, che appartiene alla classe media che viaggia abitualmente su voli commerciali, parla una lingua straniera e ha più titoli di studio che gli permettono di viaggiare. Sono interessati sia per lavoro che per turismo a scoprire altri Paesi e ora non possono più farlo. Inoltre ilblocco delle transazioni da parte delle principali carte di credito internazionali colpisce questa fetta di popolazione. Non l'80% di quelli che restano in Russia e non hanno mai viaggiato all'estero, visto che all'interno del Paese gli scambi monetari si continuano a fare lo stesso. Né colpisce chi opera scambi multimilionari in cui di certo non si usa la carta di credito. Quindi ora abbiamo russi e cittadini stranieri in Russia che per lavoro non possono più fare transazioni fra un Paese e l'altro, ma anche russi che vivono e lavorano all'estero e non possono supportare economicamente il resto della famiglia rimasta in patria. In questo senso russi e italiani sono simili: sono sempre disposti ad aiutare la propria famiglia. Ad esempio, ho un amico che ora non può aiutare i genitori pensionati che vivono in Russia: ora si ritrovano ad avere problemi economici. Non sono sicuro che questo fosse l'obiettivo prefissato dalla comunità internazionale. Ma questo è solo il mio punto di vista personale e potrebbe essere anche sbagliato».

È un caso che Antognolla sia vicinissima all'insediamento di un altro magnate russo, Eugeny Lebedev, neo membro della camera dei lorded editore di The Independent?
«Quando sono arrivato in Umbria non sapevo che Lebedev avesse un progetto imprenditoriale in Umbria ma solo una residenza».

Però avete un socio comune, Alessio Carabba.
«Ho parlato di questo con il signor Carabba proprio la scorsa settimana: abbiamo convenuto che se qualcuno avesse scritto che due russi avessero comprato in Umbria due proprietà ad una collina di distanza, sarebbe stato un ottimo soggetto per un romanzo. Ebbene, la realtà in questo caso supera la fantasia. La verità è Alessio Carabba non è socio di Lebedev e che io non conosco Lebedev figlio. So che il padre dirigeva una tra le maggiori e più innovative banche in Russia e che tutti, in un determinato periodo, hanno tentato di chiedere un finanziamento. In passato ho provato anch' io, ma con scarsi risultati».

Cosa pensa dei sequestri agli oligarchi russi?
«Mi possono non piacere questo tipo di decisioni, ma dal momento che vivo in un Paese in cui la legge dice questo, rispetto e osservo la legge»

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