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Ucraina e il sospetto su Vladimir Putin: "È malato di cancro". L'ultima teoria sulla foto e l'indiscrezione del medico

Pietro De Leo
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Vladimir Putin malato? E’ una tesi che circola dalle primissime fasi dell’invasione russa in Ucraina, quando l’ipotesi, molto presunta, di qualche sindrome mentale (aggravata dal pressoché totale isolamento anti Covid che Putin si è imposto da due anni a questa parte) ha cominciato a farsi largo nel dibattito internazionale. Stante l’efferatezza con cui sta gestendo l’operazione bellica e, soprattutto, l’evocazione di una degenerazione nel conflitto nucleare. Ora, però, c’è un’altra indiscrezione clinica che si fa largo, proveniente da fonti del Pentagono e rilanciata dalla testa britannica Daily Star.

Putin potrebbe essere affetto da un cancro all’intestino in fase terminale. Un’ipotesi, che va presa come tale, nata analizzando i filmati delle ultime uscite pubbliche, in cui il leader del Cremlino appariva vistosamente gonfio al volto (circostanza che, in effetti, balza anche ad occhi meno esperti). Questo aspetto, secondo i rumors del dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, potrebbe essere la causa dell’assunzione di farmaci chemioterapici o di steroidi.

Secondo la ricostruzione del giornale, dunque l’aggressione in Ucraina potrebbe derivare dalla volontà di entrare nella storia prima il suo tempo nel mondo sia finito. Ricostruzione suggestiva, senz’altro, ma che ovviamente va letta con tutte le cautele del caso.

Il Daily Star, peraltro, riporta anche quanto affermato da Lord Anthony Owen, medico e ministro degli Esteri britannico a fine anni ’70, durante un intervento radiofonico. “La sua faccia è cambiata – ha detto di Putin - ora è ovale”, aggiungendo di non credere affatto che possa trattarsi degli effetti di qualche intervento di chirurgia estetica. “Sta prendendo anabolizzanti come bodybuilder, o sta assumendo corticosteroidi. L’assunzione di queste sostanze – prosegue Owen - provoca quel gonfiore. Riduce l’immunità e rende più vulnerabili al Covid”. In questo modo si spiegherebbe anche l’ossessione per il mantenimento della distanza durante gli incontri, anche con i suoi più stretti collaboratori. 

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