Corridoi umanitari in Ucraina, accordo ai colloqui di Brest
Ci si aspettava ben poco da questa seconda tornata di negoziati e infatti il vertice in Bielorussia non ha sortito novità sostanziali. L’incontro fra la delegazione russa e quella ucraina ha partorito solamente l’apertura di qualche corridoio umanitario ma non è stata sottoscritta una vera e proprio tregua se non un cessate il fuoco temporaneo e forse neanche in tutto il Paese. Anzi, il presidente russo Vladimir Putin ha ulteriormente tuonato contro i «neonazisti» di Kiev ribadendo ancora una volta che le due nazioni rappresentano un unico popolo. Per suffragare questa sua posizione ha continuato per tutta la giornata a bombardare i «suoi» fratelli di Kharkiv e ha ucciso con i raid 33 civili a Chernivtsi, dove sono state abbattute scuole e edifici residenziali. Una potenza di fuoco che non si è arrestata nemmeno un attimo e che ha continuato a sprigionarsi anche su Mariupol, il porto sul Mare d’Azov, dove mezzo milione di persone sono ormai senz’acqua, elettricità e riscaldamento.
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Anche Odessa, la città sul Mar Nero ricca di storia e cultura, potrebbe finire sotto tiro a breve: la marina russa si starebbe preparando per lo sbarco, quattro navi di Mosca sono già al largo e l’attacco sarebbe questione di ore. Kiev resiste: non ci sono stati particolari avanzamenti delle truppe russe da nord ed oggi nel centro, in particolare attorno a Maidan, non sono rimbombate le esplosioni verificatesi nei dintorni i giorni precedenti. Ma la sensazione è che la calma della Capitale sia solo apparente, anche perché, non lontano da qui, i bombardamenti sono proseguiti incessanti. Ciò che è certo, in ogni caso, è che a una settimana dall’inizio della guerra quasi tutte le più importanti città del Paese sono ancora in mano ucraina e questo conferma le difficoltà inaspettate riscontrate dal Cremlino. E forse proprio per questo Putin ha alzato il tiro: non si attendeva una reazione così massiccia dell’esercito di Kiev e della popolazione civile e le sue dichiarazioni odierne evidenziano il nervosismo che si respira a Mosca.
Lo «zar» ipotizzava forse una guerra lampo e invece deve mettere in conto i caduti civili fra gli ucraini e le numerose perdite fra i suoi soldati. Se da una parte, quindi, i risultati non sono in linea con gli obiettivi, dall’altra il rischio è che Putin aumenti ulteriormente la potenza di fuoco e che la carneficina possa crescere e non placarsi. I russi oltretutto hanno usato solo parzialmente l’aviazione; lo hanno fatto a Kharkiv e i risultati sono testimoniati dalle fotografie e dai video di distruzione nella seconda città del Paese, ma non ancora nella Capitale. Nei prossimi giorni vedremo fino a dove si spingerà l’azzardo del Cremlino ma l’orso ferito difficilmente se ne andrà in letargo; potrebbe persino diventare più aggressivo e scatenare una guerra ancora più distruttiva sui suoi vicini. Anzi, «fratelli». Di sangue. Quello che l’Ucraina sta pagando per la propria dignità.