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La nuova destra? In Francia. Le Pen prepara la scalata e Macron rischia di perdere

Francesco Storace
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Stai a vedere che la sorpresa ce la farà la Francia, accompagnando Marine Le Pen all'Eliseo. Perché da quelle parti decide il cittadino chi deve guidare la Nazione, mica come da noi dove a infilare la scheda nell'urna saranno i soliti mille parlamentari e un gruzzolo di delegati regionali. Scavando tra gli umori popolari, l'indice di gradimento verso quel fronte variopinto assiepato a sinistra, da Emmanuel Macron in là, può contare su un'area che nella brutta stagione vale complessivamente e con tante parcellizzazioni 35 elettori su cento che in quella migliore possono salire a 44. Ma le previsioni non volgono al bel tempo per quella che fu la sinistra di Mitterrand fino al disastro di Holland. E Macron - che pure rappresentò una novità al suo esordio - si è fatto più nemici che amici. La sua vittoria avrebbe del miracoloso. Se la destra fosse unita, nelle sue varie e diverse articolazioni, non ci sarebbe scampo per gli avversari. Almeno al voto di ballottaggio, pur tra mille diffidenze. Il problema, mai come ora, è chi ci arriva al secondo turno. Potrebbe essere in bilico persino lo stesso Macron, e sarebbe una pessima prima volta per il presidente uscente. Ma c'è un pugno di candidati che veleggia attorno alla cifra del 20 per cento, in su o in giù. E vai a capire chi la spunta.

 

 

I sondaggi più recenti danno un terzetto, Macron, la stessa Le Pen, e il volto nuovo Eric Zemmour, giornalista, ebreo, bollato come estremista di destra, che pure rifiuta. Poi, il candidato ancora senza volto, quello della destra repubblicana - la partita probabilmente sarà tra Barnier e Bertrand a dicembre - che pure potrebbe aspirare a tentare di raggiungere un quinto dei voti. La differenza potrebbero giocarla proprio i due aspiranti presidenti della destra antisistema. Il loro potenziale è del 40 per cento, raccontano i sondaggi, ma rischiano entrambi di pagare la divisione. Si diceva di Zemmour. Uomo nuovo o uomo nero, ha scatenato un'autentica tempesta mediatica. Dietro di lui spinge con la sua Tv C-News monsieur Bolloré, e a sentirlo parlare sembra di ascoltare Jean-Marie Le Pen, padre di Marine e leggendario capo del Front National, oggi soppiantato dal Rassemblement National di sua figlia. Per una corretta analisi di scenario, vanno conosciute le formalità essenziali per partecipare alle elezioni, che si terranno tra il 10 e il 24 aprile 2022, e le candidature ufficiali si conosceranno solo dopo il vaglio delle 500 firme necessarie da raccogliere tra i grandi elettori. A «presentare» ciascuna candidatura servirà quel numero minimo di sottoscrizioni tra deputati, senatori, europarlamentari, consiglieri regionali fino ai quasi 36mila sindaci del Paese. Sulle discese in campo si deciderà attorno a febbraio.

 

 

Nelle due precedenti corse presidenziali, Marine Le Pen incontrò qualche difficoltà nella raccolta firme. Ora vanta un apparato considerevole e i problemi maggiori li potrebbe registrare proprio Zemmour. Questi vanta un alto indice di popolarità, ma poi dovrà entrare nella Francia profonda per raccogliere grandi elettori. E in un paese islamizzato al 10 per cento, con centri di preghiera musulmana ogni cinque chilometri, non sarà facile sfuggire alle minacce. Se un sindaco si azzarderà a firmare per lui, qualche islamista pazzo andrà a bussare alla sua porta. E non tutti potrebbero sentirsi di subire prepotenze. «Ti applaudo, ti voto, ma non firmo». È lo schema che rischia di trovarsi di fronte il giornalista che sta incendiando la Francia sui temi dell'identità. Ovviamente, larga parte della campagna elettorale della destra sarà sui temi della sicurezza e dell'immigrazione. A Parigi si avverte grande preoccupazione sulla minaccia terroristica. Sia interna, dalle banlieu, dove esplode la manovalanza criminale e prospera il traffico di droga con un'economia parallela, sia quella di marca internazionale islamista. Un «incidente» potrebbe spostare milioni di voti in una direzione o nell'altra. Domanda: ma la Le Pen al ballottaggio, magari contro Macron, potrebbe farcela o si creerebbe il solito schema contro la destra? Marine conta anche su una possibile fuga dell'elettorato repubblicano a suo vantaggio proprio contando sull'effetto Zemmour. Oggi è lui il bersaglio della sinistra, ufficiale e non, sono arrivati persino ad additarlo come antisemita. E per un ebreo è francamente troppo. Ma questo è il livello di una campagna elettorale con troppi colpi bassi.

 

Riuscirà la Le Pen a convincere Zemmour a rinunciare alla corsa presidenziale a proprio vantaggio, magari trattando sulle prossime elezioni legislative per il rinnovo dell'Assemblea nazionale? Entrambi hanno caratteri molto diversi tra loro, la Le Pen più austera, lui popolano. I maligni dicono che più che fare campagna elettorale - e in effetti sembra che Eric stia facendo la classica ammuina senza mai ufficializzare la sua voglia di competere per davvero per l'Eliseo - Zemmour stia vendendo i suoi libri: furoreggiano quelli sul suicidio francese e sulla Francia che deve tornare a dire la sua parola nello scacchiere europeo e internazionale. Anche lui si oppone al multiculturalismo, al femminismo o all'accoglienza delle persone migranti. A differenza - netta - della Le Pen, egli è però promotore della teoria di un presunto progetto di sostituzione etnica in corso in Europa ai danni della popolazione bianca e cristiana da parte dei migranti. Dal canto suo Marine Le Pen sconta il fatto di non essere più una novità sul mercato elettorale: è ormai alla sua terza campagna presidenziale e i suoi detrattori la accusano di essere parte di quella stessa classe politica che vorrebbe mettere al bando. Ma in molti si chiedono comunque che aspettano i due sfidanti a mettersi d'accordo. Probabilmente attendono entrambi le proprie firme elettorali prima di sedersi a un tavolo. Osservano più per contarsi che per avere possibilità di vittoria, i candidati minori. Il solito Jean-Luc Mélenchon, leader dei resti della sinistra, Anne Hidalgo, battagliera sindaca di Parigi, rappresentante del Partito Socialista, Yannick Jadot, candidato dei verdi. La destra che fa riferimento a Les Républicans (LR), il partito un tempo guidato dall'ex presidente Nicolas Sarkozy, indicherà invece il proprio candidato solo a dicembre. Oui, rien ne va plus, ma i giochi sono ancora tutti da fare.

 

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