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Bomba sugli Usa: Joe Biden è pronto a lasciare la presidenza. Addio vicino dopo il disastro Afghanistan

Luigi Bisignani
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Caro direttore, manovre d’autunno: bye, bye di Joe Biden alla Casa Bianca, nessuna possibilità per Silvio Berlusconi di salire al Quirinale e Super Mario ancorato a Palazzo Chigi. È questo il quadro più realistico che si prospetta per i prossimi mesi. Su «Sleepy Joe» si conferma il report dell’Intelligence, pubblicato da Il Tempo il 28 marzo scorso, secondo il quale il presidente degli Stati Uniti non porterà a termine il suo mandato. L’unica variabile è se dovrà rinunciarvi per le sue condizioni di salute traballanti o se, di fronte ad un’offensiva politica talmente deflagrante, sarà lui stesso a gettare la spugna. Nella conferenza stampa di giovedì è apparso incerto, titubante, e non per il comprensibile momento di commozione ma perché perso nella ricerca di concetti e informazioni nella sua mente che non riusciva a trovare. A differenza del marzo scorso, peraltro, la stella della vicepresidente Kamala Harris, esaltata dalle femministe di tutto il mondo nonostante le gaffes a getto continuo da mesi, non brilla più tanto e i Democratici non sanno più come gestire questa situazione che sta andando fuori controllo. L’abbandono dall’Afghanistan, avvenuto peraltro senza neppure pre-avvertire gli alleati, ha gettato nel caos le cancellerie amiche di mezzo mondo ed ha perfino indispettito quelle nemiche, sorprese da cotanta superficialità tattica e strategica. Non solo Biden, dunque, ma del tutto inadeguato si è dimostrato anche lo stato maggiore di diplomatici, militari e uomini dell’Intelligence che si sono mossi intorno a lui. E l’attacco di ieri contro un esponente di ISIS-K probabilmente più che una vendetta sarà l’ennesimo autogoal.

 

 

Se Biden mollerà quindi la Casa Bianca, chi in Italia non riuscirà ad approdare al Quirinale sarà Silvio Berlusconi, nonostante quello che alcuni famigli capeggiati da una «inzighina» come Licia Ronzulli, vecchia passione politica del Capitano Salvini, continuano a prospettargli per piccole camarille interne. Dal canto suo, Berlusconi finge ancora di crederci, ma è conscio di essere, purtroppo, troppo divisivo. Del resto, sa fin troppo bene che nessun grande leader politico è mai salito al Colle e che, addirittura, gli ultimi due presidenti della Repubblica, Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella, sono stati ripescati mentre sedevano a bordo campo, sia pur in panchine prestigiose. Ma a parte questa che può sembrare una sconfitta, il Cavaliere sarà ancora una volta protagonista, indipendentemente dai processi che deve ancora affrontare, nel suo ruolo di federatore di un nuovo centro, lasciando isolata a destra solo Fratelli d’Italia che fatica a creare una classe dirigente credibile nonostante la grande spinta propulsiva di Giorgia Meloni. Resta ancora da disegnare come questa nuova aggregazione che parte da Forza Italia e Lega possa trovare spazi nel mondo cattolico, in quello liberale e in quello democratico. E magari, anche con una nuova legge elettorale, tanti piccoli indiani (Calenda? Conte, de nuevo tu? Casini? Guerini?) potrebbero farci più di un pensierino. Il collante per tutti potrebbe essere la conta dei voti per un uomo non della sinistra al Quirinale, ma soprattutto la prospettiva di andare sotto il grande ombrello del Partito Popolare Europeo, una delle condizioni che, pare, Matteo Salvini abbia accettato anche per il pressing che gli stanno facendo i suoi colonnelli più autorevoli, da Giorgetti a Zaia e un po’ tutta la Lega Lombardo-Veneta che non ha mai digerito, pur tacendo, le aperture verso personaggi ed interpreti riciclati del Sud.

 

 

A restare fermo a Palazzo Chigi sarà infine Mario Draghi, che ha ben capito come l’aria intorno a lui stia cambiando. Comincia a non essere più sicuro del suo ruolo super partes e di deus ex machina anche perché dallo scenario di crisi economica post Covid, dov’era un gigante, si sta passando a quello più vischioso della politica estera. E questo proprio alla vigilia del G20, che deve presiedere trovandosi nel bel mezzo del Triangolo delle Bermuda di Usa, Cina e Russia. Per la prima volta nella sua vita di primo della classe non si sente affatto sicuro di essere all’altezza delle aspettative, ora che pure la sua amica Angela Merkel andrà in pensione. Il nervosismo a Palazzo è ormai palpabile se perfino Paola Ansuini, sua portavoce, l’ex ruolo - si parva licet - di Rocco Casalino, comincia a centellinare i giornalisti legittimati a fare domande al premier. E ora che con la presidenza del G20 si naviga in mare aperto e con i suoi fraterni amici di Washington così in difficoltà, per Super Mario è un momento complicato, aggravato dai ministri ormai in costante guerra tra loro su tutti i dossier più delicati, dall’immigrazione alla salute, dalla scuola alla rete. Meglio, dunque, restarsene a Palazzo Chigi e non spiccare il volo verso il Quirinale, rischiando di venire impallinato. Prodi docet.

 

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