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Lo straziante ricordo del chirurgo che tentò di salvare Lady Diana: ferite gravi scoperte troppo tardi

Giada Oricchio
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“Scoprimmo in ritardo le ferite più gravi della Principessa Diana”. Monsef Dahman, uno dei chirurghi che la notte del 31 agosto 1997 provò a salvare Lady D ha rilasciato un’intervista esclusiva al Daily Mail. E ha ricordato anche una richiesta raccapricciante: “Volevano comprare i sabot sporchi del suo sangue”.

Le immagini della Principessa Diana che, la sera del 31 agosto, entra ed esce con l’allora fidanzato Dodi Al Fayed dalle porte girevoli dell’hotel Ritz di Parigi, sono impresse nella memoria collettiva. Così come i sorrisi ripresi dalla telecamera dell’ascensore dell’albergo di lusso e il successivo dramma della macchina distrutta sotto il tunnel del Pont de L’Alma mentre cercava di seminare i paparazzi. Il dottor Monsef Dahman, 58 anni, ha ricostruito la notte al Daily Mail: “Quell’estate non avevo preso le ferie perché mia moglie era incinta. Quel giorno avevo cominciato alle 8 di mattina, ed ero ancora di turno dopo mezzanotte: era stata una giornata abbastanza tranquilla. Finché non è successo quello che è successo”. Il chirurgo racconta della chiamata improvvisa del collega anestesista Bruno Riou al Pronto Soccorso: “Mi stavo riposando quando mi dice di scendere. Non mi disse che c’era Lady Diana, ma solo che c’era stato un grave incidente che aveva coinvolto una giovane donna. L'organizzazione dell'ospedale Pitié-Salpêtrière era molto gerarchica. Se mi contattavano, significava che il caso era particolarmente serio”.

 

 

Momenti concitati, tensione, frenesia, massima attenzione. Il chirurgo, che all’epoca aveva 33 anni, ha dichiarato: “Per qualsiasi medico, è molto importante provare a salvare una giovane donna in quelle condizioni, ancor di più se è una principessa. Aveva emorragie interne molto gravi che persistevano nonostante il drenaggio, verso le 2.15 andò in arresto cardiaco e intervenni chirurgicamente per consentirle di respirare. Fu aprendo che scoprì che aveva uno strappo significativo al pericardio, la membrana che protegge il cuore. Il suo cuore non poteva funzionare correttamente perché non riceveva più sangue”. Alle 2.30 del mattino arrivò il luminare Alain Pavie, il miglior cardiochirurgo francese. Qui le memorie si fanno drammatiche e strazianti. “Sospettava che la fonte principale dell’emorragia interna non fosse stata ancora trovata – ha rammentato Dahman –. Era necessaria un'ulteriore esplorazione chirurgica ed è con questa che si scopre la ferita più grave della Principessa: una lesione alla vena polmonare superiore sinistra nel punto di contatto con il cuore. Paviè suturò la lesione, ma fu inutile: il cuore si era fermato prima dell’operazione e non ripartiva. Abbiamo provato diverse volte le scosse elettriche e, come avevo fatto al pronto soccorso, il massaggio cardiaco. Il professor Riou aveva somministrato adrenalina. Ma non siamo riusciti a farle battere di nuovo il cuore”.

 

 

I tentativi sono andati avanti per un’ora senza risultato e l’equipe del Pitié-Salpêtrière ne rimase scioccato: “È uno dei migliori centri in Francia per questo tipo di emergenza traumatica. Abbiamo salvato alcune persone arrivate in condizioni più gravi di Lady D e invece quella volta non è successo. Alle 4 del mattino i medici si sono rassegnati e hanno dichiarato la morte della Principessa del Galles. È stata una decisione collegiale. Il pensiero di aver perso una persona importante a cui tenevi, ti segna per tutta la vita Quando è una principessa e segui il suo funerale insieme a miliardi di altre persone, e hai cercato di salvarla, questo ti segna per sempre. Ogni anno, quando arriva agosto il mio pensiero torna a quella terribile notte”. Il dottor Dahman non si è mai dato pace per quegli avvenimenti. In ospedale arrivarono i primi personaggi, fra cui il presidente Chirac, e i giornalisti presero d’assedio il nosocomio cercando di infiltrarsi nei reparti per carpire macabri dettagli. Un particolare è scolpito nella mente del chirurgo: “Quando stavo curando Diana indossavo i miei sabot bianchi. La mattina dopo che notai che i miei zoccoli si erano macchiati con il suo sangue. L'ospedale è molto grande e stavo camminando tra gli edifici, quando un francese si è avvicinato e mi ha detto: 'Ah, i tuoi zoccoli, mi interessano. Voglio comprarli da te. Hanno il sangue blu di Lady D su di loro”. Un orrore a cui Dahman reagì pulendo i sabot e cancellando per sempre quel lugubre cimelio. 

 

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