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La triste Pasqua dell'Occidente che si vergogna di Dio

I cristiani perseguitati in tutto il mondo sono trecento milioni

Pietro De Leo
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C'è quella cifra lì, 300 milioni. Il solco sulla sofferenza nell'esprimere il proprio credo, la cappa sulla libertà. 300 milioni, i cristiani perseguitati in tutto il mondo. Questo è il calcolo eseguito da rapporto sulla Libertà religiosa “Aiuto alla Chiesa che soffre”, a fine 2018. Purtroppo, lo studio, che fornisce periodicamente un monitoraggio molto fedele sulla violenza anticristiana, parla di 38 Paesi in cui le violazioni della libertà religiosa sono definibili “gravi o estreme”. Dall'Afghanistan all'Arabia Saudita, dal Bangladesh alla Birmania alla Cina. Ma se si affronta l'assedio patito dalla cristianità nel mondo, oltre alle cuspidi di violenza e soffocamento, occorre immergersi in quel fiume sotterraneo che scorre in Occidente, quello della resa, della rinuncia e dello zelo oikofobico, per dirla come Alain Finkielkraut, che per ossequiare il dogma multiculturale  finisce per negare l'anima di una identità. Ed ecco allora dieci, cento, mille storie di oscurantismo autoindotto e di foga laicista, che mescola tutto insieme, dal razionalismo teorico fino al culto della norma applicato alla negazione di qualsiasi slancio spirituale. Così, dunque, si può fotografare quanto avvenuto a Lesbo. Lì 35 attivisti del luogo sono stati arrestati a Mitilene, perché sulla scogliera di Apilia avevano eretto una croce di ferro. Non era un gesto casuale, considerando che l'isola greca è approdo delle masse migratorie provenienti dalla Turchia, formate in buona parte da musulmani. L'affermazione della cristianità di quell'approdo europeo ha un qualcosa di epocale, di sfida al presente. Tuttavia, per i 35 sono scattate le manette per occupazione non autorizzata di luogo pubblico. Qualche mese prima, sempre lì, era stata eretta una grande croce di cemento, sempre con lo stesso slancio simbolico. Abbattuta, poi, da ignoti. Contro quell'iniziativa si era scagliata la Ong “Coesistenza e comunicazione dell'Egeo”, definendola “un atto illegale e offensivo”. Perché, secondo loro, costituiva un disincentivo all'arrivo per gli immigrati musulmani. E al capitolo idolatria dello zelo si trova un saggio esplicativo a Pieve di Cento, in provincia di Bologna. Qui, il giornaletto informativo del Comune annuncia l'ideazione di un sistema innovativo per una cappellina sconsacrata del cimitero locale: un meccanismo che, alla bisogna, fa scattare dei teli per coprire immagini cristiane e consentire così, senza offesa o turbamento alcuno, di svolgere le cerimonie funebri per atei o fedeli di altre religioni. Così, come se contenesse belligeranza l'immagine di Cristo che è stato ucciso d propugnava l' amore universale. Ma l'auto colpevolizzazione, purtroppo, è la cifra di questo Occidente. Prova se ne ha in Nuova Zelanda, che Occidente non è geograficamente ma lo è culturalmente, dove a marzo si è abbattuta la tragedia della strage di Christchurch: un ragazzo ottenebrato dalla melma suprematista inalata da un utilizzo bulimico del web ha fatto fuoco in due moschee causando una carneficina. Ebbene, per settimane si è dibattuto se la squadra di rugby professionistico, i Crusaders, tradotto i crociati, dovessero o meno cambiare nome e logo (l'immagine di un crociato pronto ad abbattere la spada). Sembrava quasi fatta, ma all'ultimo la pratica è stata messa in stand by. E rimane poi più di un interrogativo sul logo realizzato per la visita di Papa Francesco in Marocco: una croce cristiana circondata, quasi ingabbiata, in una mezzaluna islamica. Il colpo d'occhio suggerisce la prima subordinata alla seconda. A volte può capitare, nel fantastico mondo progressista, che si faccia strame con disinvoltura del termine Dio, con una blasfemia che diventa strumento –sbagliato- di emancipazione. Dunque nel campo femminista si segnala il cartello esibito candidamente da Monica Cirinnà con su scritto “Dio, Patria e famiglia, che vita di merda!”. E quell'altro, innalzato orgogliosamente da una femminista l'8 marzo, dove per rivendicare la litania de “il corpo è mio” si è ritenuta doveroso l'accompagnamento con una bestemmia messa nero su bianco. Il cinismo nella negazione spirituale, poi, lo si è visto anche in occasione dell'incendio di Notre Dame, con il “benaltrismo” di alcuni esponenti della sinistra culturale italiana, da Roberto Saviano a Michela Murgia, pronti a ridurre ad una questione da ufficio tecnico comunale la valutazione dell'accaduto. Siccome non è morto nessuno e una chiesta si può ricostruire, hanno argomentato, bisogna soffrire solo per gli immigrati morti sul Mediterraneo. E però le vie del Signore sono sempre infinite, e accanto all'immagine tragica della guglia della Cattedrale parigina che cade mangiata dalle fiamme, svetta quella della croce, rimasta intatta e ben eretta a sorvegliare i cumuli di detriti del tetto ridotto in cenere. Il significato vero dei simboli, per fortuna, grida più forte di chi vuole silenziarli.

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