Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Trovato il pronipote di Hitler: "Preferisco la Merkel a Trump"

Si chiama Alexander Adolf, ha 68 anni e si era nascosto negli Stati Uniti

Angela Di Pietro
  • a
  • a
  • a

Alla fine ha parlato. Il pronipote più anziano di Adolf Hitler, inseguito dai giornalisti di mezzo mondo, da decenni si «nascondeva» in una villetta di legno piuttosto spartana di Patchogue, a Long Island, ad un ciuffo di chilometri da New York. Alexander Adolf Stuart-Houston, 68 anni, non aveva mai rivelato neanche ai suoi vicini di casa il legame di parentela con il dittatore austriaco. Davanti alla classica residenza di tipo coloniale, con l'orto curato e la bandiera americana mossa dai venti provenienti dall'oceano, Stuart-Houston si è arreso alle insistenze dei giornalisti tedeschi di «Bild». L'intervista, esclusiva, che ha rilasciato (davanti alla porta di casa: ha preferito evitare di portare i cronisti in salotto) non ha riguardato il prozio dittatore, bensì Trump e la cancelliera Angela Merkel. Del presidente degli Stati Uniti ha parlato malissimo. Convinto repubblicano, Alexander Stuart-Houston ha detto senza mezzi termini che non lo sosterrà da qui all'eternità. «L'ultima persona direi che ammiro è Donald Trump. Non è sicuramente uno dei miei preferiti. Alcune cose che Trump dice vanno bene... Sono i suoi modi che mi infastidiscono. E a me non piacciono i bugiardi», ha spiegato. Pare che invece l'ormai americano nipote del fuhrer sia invece un accanito ammiratore di Angela Merkel. «Mi piace - ha detto - lei è brava. Sembra una persona intelligente, veramente intelligente». L'ha appoggiata anche sulla sua controversa gestione della crisi dei rifugiati. «Il cancelliere fa ciò che deve fare», ha spiegato. Il sessantottenne, che ha sempre seguito la politica da vicino, ha concluso affermando che «lui vota sempre per la persona che fa il suo lavoro meglio degli altri». Personaggio riservatissimo, questo ex Hitler oggi Stuart-Houston. Lui ed i fratelli Brian e Louis, che abitano nello stesso quartiere residenziale, si sono rifiutati di rispondere alle domande dei giornalisti per decenni, intenzionati a nascondere al mondo intero la loro scomoda realtà familiare. Alexander è figlio del nipote «pecora nera» di Hitler, tale William Patrick Hitler. William, la cui madre era di Liverpool, crebbe in Inghilterra. Senonché, quando la popolarità dello zio (fratellastro di suo padre Alois) crebbe, decise di trasferirsi in Germania, dove cominciò a lavorare in una banca e sostenne apertamente i nazionalsocialisti. Era il 1933. Chiese poi a Hitler di aiutarlo a cambiare professione ma il dittatore disse di no al «disgustoso nipote»: non voleva essere accusato di favorire i suoi familiari. E, vuole la leggenda, intendeva soprattutto boicottare i presunti ricatti del giovane che avrebbe minacciato di rivelare notizie imbarazzanti sui loro parenti. William «Willy» incolpò l'ormai padrone della Germania del suo malessere psicologico e si trasferì in America, entrò nella marina americana e combatté contro i tedeschi, meritandosi pure una medaglia. Gli Stati Uniti utilizzarono il suo cognome per uno slogan efficace di propaganda bellica: Hitler contro Hitler. Terminato il conflitto bellico, William volle rifugiarsi nell'anonimato più assoluto (i tempi non erano così facili per lui, vista la sua stretta parentela con il führer) e si insediò a Long Island con la moglie Phyllis e i figli, tra i quali Alexander, che è rimasto in quell'area tutta la vita. Nel 1946 la famiglia decise di sbarazzarsi anche di quel cognome che equivaleva ad un passaporto scaduto. Il cognome divenne dunque Hiller e poi Stuart-Houston. «Willy» Hitler è morto il 14 luglio 1987 proprio a Patchogue. Sembra che nessuno dei suoi figli abbia avuto, nel tempo, una propria figliolanza. Il dettaglio ha dato vita a speculazioni dialettiche poi smentite, anche se indirettamente, dalla famiglia. Nessuno insomma ha voluto evitare di mettere al mondo un piccolo Hitler. Che cosa pensino dello zio i nipoti «americani» del dittatore più temuto della Storia è difficile dirlo.

Dai blog