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Russia, lo zar Nicola II ancora senza pace dopo cent'anni

La famiglia imperiale russa

La Chiesa ortodossa rifiuta ancora di riconoscere l'autenticità del corpo e di accettare che vengano condotti test del DNA per confermarlo

Fernando M. Magliaro
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Cento anni ancora da superare da quando Nicola II, zar di tutte le Russie, sua moglie, Alexandra Fëdorovna; i cinque figli della coppia reale, Olga, Tatiana, Maria, Anastasia e lo zarevic, Aleksej - più i membri del seguito: il medico, dottor Botkin, l'inserviente Trupp, il cuoco Charitonov e la dama di compagnia Anna Demidova - vennero fucilati, in venti terrificanti minuti nella notte fra il 16 e il 17 luglio 1918 a Ekaterinburg dai bolscevichi. E le spoglie dell'ultimo sovrano di Russia non trovano ancora pace. Anzi, si è appena aperto un conflitto fra lo Stato e la Chiesa ortodossa proprio riguardo i resti (presunti) della famiglia Romanov.  LA PROCESSIONE DELLA CHIESA ORTODOSSA IN MEMORIA DI NICOLA II Lunedì prossimo, il patriarca ortodosso Kirill guiderà una processione in memoria di Nicola II - che oltre ad essere Zar era anche il capo della Chiesa ortodossa - e della sua famiglia. Lo Stato russo, invece, non prevede commemorazioni ufficiali. Nel 1990 vennero rinvenuti dei resti sepolti nel bosco di Koptiakij luogo in cui la tradizione vuole che i bolscevichi abbiano sepolto i cadaveri della famiglia imperiale.  L'ESECUZIONE DELLA FAMIGLIA IMPERIALE Secondo quanto testimoniato dal commissario della Čeka (poi Kgb) e capo del plotone di esecuzione, Jakov Jurovskij, all'avvicinarsi della Legione Cecoslovacca appartenente all'Armata Bianca (fedele ai Romanov) a Ekaterinburg (negli Urali) durante la Guerra Civile del 1918-1921, il Soviet di Ekaterinburg ordina l'immediata esecuzione della famiglia imperiale.  Il racconto di quanto avvenne quella notte è noto e terribile: i bolscevichi portarono l'intera famiglia imperiale nello scantinato in cui erano detenuti con la scusa di voler scattare una fotografia. La famiglia si mise in posa e il commissario politico, Jurovskij, fece entrare il plotone d'esecuzione leggendo nel frattempo la sentenza di condanna a morte. Immediatamente venne aperto il fuoco. Mentre lo Zar morì subito, le donne, avendo alcuni gioielli cuciti dentro i vestiti, non morirono subito ma fu necessario finirle a colpi di baionetta. I corpi vennero trasportati nel bosco, fatti a pezzi, parzialmente bruciati, gettati nel pozzo di una miniera, poi, ciò che rimaneva, venne prima disciolto nell'acido solforico e, infine, nuovamente bruciato per evitare di lasciare tracce.  LA CHIESA ORTODOSSA RIFIUTA IL TEST DEL DNA Dopo la scoperta dei corpi che, si suppone, fossero quelli della famiglia imperiale, nel 1998 i resti vennero traslati nella Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo a San Pietroburgo con un funerale di Stato al quale prese parte anche l'allora presidente, Boris Eltsin. Nel 2000, poi, la Chiesa Ortodossa ha canonizzato l'intera famiglia imperiale come martire. Tuttavia, anche se sono stati eseguiti alcuni test del DNA che attesterebbero la corrispondenza dei resti rinvenuti nel bosco con quelli dei Romanov, la Chiesa ortodossa rifiuta ancora di riconoscere la loro autenticità e rifiuta di accettare la prova del test del DNA già eseguita o che ne vengano condotti di nuovi. Il clero, dominato dai conservatori, rifiuta anche di riconoscere l'autenticità dei resti degli altri due figli dello Zar, Alexei e Maria, i cui corpi erano stati separati dagli altri e trovati solo nel 2007. Non hanno ancora sono stati sepolti, per mancanza di accordo tra le autorità e la Chiesa. IL LUNGO CONFLITTO STATO-CHIESA Mentre lo Stato russo, a fine anni '90, era alla riscoperta delle radici imperiali per cancellare i 70 anni di comunismo e, quindi, celebrava Nicola II, l'allora patriarca, Alessio II, non partecipò al funerale di Stato del 1998, organizzato per le ossa dell'ultimo Zar nella fortezza di Pietro e Paolo di San Pietroburgo, ma inviò un semplice pope a seppellirle come "resti di una persona sconosciuta”. Con la commemorazione del centenario della fucilazione, i media russi hanno chiamato il patriarca Kirill per riconoscere i resti della famiglia imperiale. LA “TEORIA DELLA COSPIRAZIONE” Non ci sono solo sottosegretari italiani che non credono allo sbarco sulla luna. Anche in Russia c'è chi pensa che non ci siano prove sufficienti per sostenere l'autenticità dei resti per richiedere il test del DNA: la Chiesa Ortodossa che, in più, accusa lo Stato di cercare di rimuovere il clero da questo caso. Secondo la Chiesa, che riprende la tradizione della testimonianza del commissario Jurovskij, i bolscevichi bruciarono senza lasciare traccia i corpi delle loro undici vittime, quelle della famiglia imperiale e dei loro parenti, in un fosso di una foresta degli Urali, dove è stato costruito un vasto monastero. Secondo il teologo e missionario Andrei Kurayev, noto per le sue idee riformiste, questa versione è quella che è stata avanzata dalle forze zariste durante la guerra civile russa. "In vent'anni, questa è diventata un'enorme teoria del complotto", afferma Ksenia Luchenko, specialista nella Chiesa ortodossa russa. Secondo una delle versioni della cospirazione, Lenin mantenne la testa di Nicola II nel suo ufficio. Un altro afferma che i figli più giovani dello Zar, Alessio e Maria, sfuggirono alla morte e fuggirono all'estero. Lo scorso autunno, il vescovo Tikhon, il vescovo responsabile dell'indagine guidata dalla Chiesa e ritenuto vicino al presidente Vladimir Putin, ha parlato della possibilità che l'assassinio della famiglia imperiale fosse una specie di "omicidio rituale".  "I circoli favorevoli alla scienza all'interno della Chiesa sono stati liquidati dopo lo scandalo del 2012 con la Pussy Riot", dice Andrei Kurayev, riferendosi a un gruppo di protesta che era entrato nella cattedrale principale di Mosca per cantare una canzone. "Punk Prayer" anti-Putin. Questa vicenda, che ha scioccato molti russi, ha fortemente rafforzato la Chiesa e la sua ala conservatrice, che da allora è cresciuta "giorno dopo giorno", secondo lui. Il patriarca Kirill ha "paura" della reazione dei conservatori - già indignato dal suo incontro con Papa Francesco nel 2016 - se avesse riconosciuto come autentici i resti della famiglia imperiale, ha detto Andrei Kurayev. NICOLA II, PERSONAGGIO SCOMODO  L'anno scorso, l'uscita in Russia del film "Matilda", che racconta una storia d'amore del futuro Nicola II con una ballerina, ha fatto arrabbiare gli attivisti ortodossi radicali, che a volte hanno protestato violentemente per impedire la sua diffusione nel cinema. "Questo film ha dimostrato che Nicola II è una figura che può dividere la società ortodossa", dice l'esperto di Roman Lounkin all'Accademia delle Scienze russa. Secondo il signor Lounkin, l'ultimo zar è oggetto di un "immenso culto" nel monastero vicino a Ekaterinburg, dove il patriarca Kirill condurrà la processione di lunedì. Il presidente Vladimir Putin, d'altra parte, "non dedica un culto a Nicola II" e risulta essere "meno interessato" a risolvere il conflitto sui resti del suo predecessore Boris Eltsin, per il quale era una forma di "pentimento personale" come ex comunista, dice l'esperto Ksenia Luchenko. La situazione è ancora "scomoda" e "frustrante" per Putin, che si è sempre posizionato come uno stretto alleato della Chiesa, dice. Nel 2015 la Russia ha riaperto un'indagine sulla morte di Tsar Alexeï e dei figli di Maria, ma finora non sono stati annunciati risultati concreti.  

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