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Gerusalemme, risoluzione Onu contro Trump

All'Assemblea generale anche l'Italia appoggia la decisione contro lo spostamento dell'ambasciata

Silvia Sfregola
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Centoventotto Paesi hanno sfidato gli Stati Uniti e le loro minacce, all'Assemblea generale delle Nazioni unite. Hanno infatti votato a favore della risoluzione che chiede a Washington di tornare indietro sulla decisione di dichiarare Gerusalemme come capitale d'Israele. Alla risoluzione, che tuttavia non è vincolante sebbene abbia peso politico, si sono opposte nove nazioni, mentre altre 35 si sono astenute (e 21 nazioni erano assenti), dopo che gli Usa avevano minacciato di tagliare gli aiuti economici a chi si fosse espresso contro di loro e avevano tuonato: «Ricorderemo questo giorno». Il testo presentato da Yemen e Turchia è analogo a quello che non è passato la scorsa settimana al Consiglio di sicurezza, che aveva ricevuto 14 sì ma era stato bloccato dal veto degli stessi Usa. La risoluzione «chiede che tutti gli Stati rispettino le risoluzioni del Consiglio di sicurezza a proposito della Città santa di Gerusalemme e non riconoscano alcuna azione o misura contraria ad esse». Inoltre, essa sottolinea che lo status della città «deve essere risolto con negoziati» tra israeliani e palestinesi e che quini qualsiasi decisione che miri ad alterarlo «non ha effetto legale, è nulla e deve essere annullata». La minaccia di Trump sembra aver comunque avuto un effetto. Un numero maggiore del previsto di Paesi ha infatti votato contro la misura o si è astenuto. L'ambasciatrice americana Nikki Haley nel dibattito pre-voto era tornata a minacciare, dopo la lettera che era stata diffusa alle varie nazioni, dicendo: «Questo voto renderà diverso il modo in cui gli Stati Uniti guarderanno alle Nazioni unite e guarderemo ai Paesi che ci mancheranno di rispetto». La Turchia ha più volte rifiutato il ricatto, e il ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu all'Assemblea generale ha parlato di «bullismo» e ha aggiunto: «Potete essere forti, ma ciò non vuol dire che abbiate ragione». Un portavoce del presidente palestinese, Mahmoud Abbas, dopo il voto ha parlato di «una vittoria per la Palestina», mentre il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha «respinto» la decisione dell'Assemblea generale e ringraziato Trump e «l'alto numero di Paesi che non hanno votato a favore». Lo status di Gerusalemme è tra gli ostacoli maggiori a un accordo di pace tra israeliani e palestinesi, mentre la comunità internazionale non riconosce la sovranità di Israele su tutta la città. Tra i Paesi astenuti ci sono Australia, Canada, Messico, Argentina, Colombia, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Filippine, Rwanda, Uganda e Sud Sudan. L'Italia ha votato a favore, mentre come Usa e Israele si sono espressi Guatemala, Honduras, Isole Marshall, Micronesia, Nauru, Palau, Togo.

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