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Clima, ecco perché Trump è contrario all'accordo di Parigi

Il presidente Usa Donald Trump

Silvia Sfregola
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L'accordo di Parigi, raggiunto al termine della ventunesima conferenza sul clima Cop21, tenutasi nella capitale francese dal 30 novembre all'11 dicembre 2015, è stato finora ratificato da 147 Paesi. Obiettivo centrale è rispondere alla minaccia del cambiamento climatico, mantenendo l'aumento globale della temperatura entro 2 gradi centigradi sopra i livelli preindustriali. Ma gli Stati firmatari si sono impegnati a mettere in campo tutti gli sforzi necessari per limitare ancor più il surriscaldamento, entro un tetto di 1,5 gradi. L'intenzione è quella di raggiungere il picco massimo di emissioni di gas serra nel più breve tempo possibile, per avviare la riduzione e raggiungere un equilibrio entro la seconda metà del secolo. Ogni Paese ha portato un proprio piano per ridurre le emissioni entro il 2030. Il documento finale della conferenza di Parigi impone a tutte le parti di portare avanti i propri sforzi attraverso "contributi determinati per nazione", che dovranno essere rivisti in senso migliorativo ogni 5 anni. Un fondo da 100 miliardi di dollari deve essere creato entro il 2020 per aiutare i Paesi in via di sviluppo. La cerimonia ufficiale di firma si è tenuta il 22 aprile 2016 in occasione del "Giorno della Terra" nella sede dell'Onu a New York. L'accordo è entrato in vigore il 4 novembre 2016, cioè 30 giorni dopo il raggiungimento della "doppia soglia" (ratifica di 55 paesi che rappresentano almeno il 55% delle emissioni globali). Principale promotore dell'iniziativa era proprio Washington grazie al lavoro di Barack Obama, una lunga opera di convincimento iniziata con l'incontro di Copenhagen del 2009. Ora il suo successore, Donald Trump, è pronto a sfilarsi dai patti. Il nuovo presidente ha criticato durante tutta la campagna elettorale le politiche ambientali di Obama, che a suo giudizio danneggiano l'economia americana, mettendo le imprese in condizione di svantaggio nella competizioni con avversari come la Cina, che inquina molto di più. Trump ha limitato i poteri dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente (Epa), la cui guida ha affidato a Scott Pruitt, noto per le sue tesi negazioniste sul surriscaldamento globale. Il presidente vorrebbe anche eliminare il Clean Power Plan contro le centrali a combustibili fossili. Un cambio di linea radicale che sta incontrando l'opposizione di politici e imprenditori - dal sindaco di New York, Bill De Blasio, al fondatore di Tesla, Elon Musk - e che potrebbe far naufragare gli ambiziosi obiettivi delineati da Barack Obama.

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