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I sostenitori di Morsi tornano in piazza

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Corteo per raggiungere una delle tendopoli ma continuano le trattative per trovare una soluzione politica alla crisi dell'Egitto

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In un'atmosfera relativamente festosa grazie all'inizio della ricorrenza di Eid al-Fitr, la festività che dura tre giorni e segna la fine del Ramadan, ma sfidando ancora una volta apertamente il nuovo regime, migliaia di sostenitori del deposto presidente egiziano Mohamed Morsi sono tornati oggi a marciare per le vie del Cairo in segno di protesta: destinazione finale comune ai diversi cortei, piazza Rabaa al-Adawiyah nel sobborgo nord-orientale di Nasser City, sede di una delle tendopoli allestite dagli islamisti fin dal colpo di stato del 3 luglio per inscenarvi i propri sit-in a oltranza. La folla si è quindi raccolta in preghiera per la conclusione del mese sacro. Poi ha preso parte all'ennesima manifestazione, malgrado solo ieri il premier ad interim Hazem el-Beblawi avesse ammonito che un intervento delle forze di sicurezza per costringerla a sgomberare e dispederla era ormai non più dilazionabile. Dietro le quinte, tuttavia, qualcosa starebbe cominciando a evolvere in senso positivo: fonti diplomatiche che hanno preso parte ai tentativi di riconciliazione avviati nei giorni scorsi da alcuni emissari stranieri, nel frattempo ripartiti, in via riservata hanno ipotizzato che Forze Armate e Fratelli Musulmani potrebbero rinunciare a uno scontro frontale e avviare colloqui, magari indiretti, in vista dell'apertura di negoziati. «Non è ancora finita - hanno osservato le fonti - Potrebbe funzionare, ma non abbiamo garanzie. È tutto estremamente fragile». Sempre ieri il successore provvisorio di Morsi, Adli Mansour, aveva avvertito come si fosse «ormai conclusa la fase degli sforzi di mediazione». A 24 ore di distanza, tuttavia, parlando alla radio nazionale per Eid al-Fitr, lo stesso Mansour ha usato toni più concilianti, limitandosi a osservare che «il treno del futuro è partito, e ciascuno deve comprendere il momento e coglierlo al volo, altrimenti chiunque se ne dovrà assumere la responsabilità». Negli ambienti politici si mormora che i militari in realtà non siano più tanto convinti dell'utilità di una prova di forza contro i dimostranti dei sit-in: si rischierebbero infatti le dimissioni da parte di Mohamed El Baradei, attuale vice presidente che funge anche da super-rappresentante per l'estero delle nuove autorità. Queste ultime rischierebbero così di perdere l'alleato più prezioso, l'unico in grado di conferire loro un minimo di credibilità politica a livello internazionale, grazie al suo passato di direttore dell'Agenzia Onu per l'Energia Atomica che nel 2005 gli valse il premio Nobel per la Pace. La Procura ha anche appena ritirato il capo d'imputazione più pesante, istigazione alla violenza, nei confronti di Saad el-Katatni, presidente del Partito per la Libertà e la Giustizia, braccio politico dei Fratelli Musulmani: un gesto in apparenza distensivo, che potrebbe anche preludere a un suo rilascio, dopo l'arresto in occasione del golpe. La formazione islamista a sua volta è sembrata rinunciare a un poco della sua tipica intransigenza e in giornata, per la prima volta, ha autorizzato un sopralluogo in piazza Rabaa al-Adawiyah da parte di una delegazione del Parlamento Europeo e di un gruppo di operatori umanitari: un modo per dimostrare l'inattendibilità delle accuse lanciate dai mass media ufficiali, secondo cui l'accampamento nasconderebbe scorte di armi e munizioni.

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