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Con il rialzo dei tassi di interesse i soldi del Pnrr costeranno di più

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Luigi Frasca
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Il Parlamento europeo suona l’allarme: l’aumento dei tassi di interessi sui prestiti effettuati per finanziare il Recovery Plan mette a rischio i programmi chiave dell’Unione europea. In una risoluzione votata ieri, 434 voti favorevoli 99 contrari e 89 astensioni, gli eurodeputati hanno espresso «profonda preoccupazione per il fatto che, senza l’adozione delle misure necessarie,l’aumento dei costi di finanziamento dello strumento dell’Unione europea per la ripresa potrebbe limitare gravemente la capacità di bilancio dell’Unione europea di finanziare le priorità e le politiche dell’Unione e di rispondere alle esigenze emergenti». Il problema è nato per una previsione sbagliata. Il quadro finanziario pluriennale 2021-2027 prevedeva 12,9 miliardi di euro in prezzi del 2018, 15 miliardi di euro a prezzi correnti, per il periodo di sette anni per coprire i costi di finanziamento dell’Euri, lo strumento dell’Unione europea per la ripresa. Una cifra che si basava sul presupposto che i tassi di interesse sarebbero aumentati gradualmente dallo 0,55% del 2021 fino a un massimo di 1,5 nel 2027. Il problema è che oggi siamo già oltre il 3%.

 

 

 

Qual è il rischio? Per i deputati senza l’adozione di misure necessarie programmi come Erasmus+, Eu4Health o «Cittadinanza, uguaglianza, diritti e valori» rischiano di subire dei tagli mentre, contestualmente, l’inflazione riduce il valore reale del bilancio dell’Unione europea. Ad aggravare il quadro ci sono state anche le spese non previste sia per la pandemia sia per la guerra in Ucraina. Per questo i deputati chiedono che, per prima cosa, venga riformato il bilancio a lungo termine che dovrà entrare in vigore dal 1° gennaio 2024. La Commissione dovrebbe presentare il progetto di bilancio annuale 2024 alla fine di maggio e proporre una revisione del Qfp, quadro finanziario pluriennale, a giugno. Proposta anche l’introduzione di risorse proprie secondo la tabella di marcia giuridicamente vincolante per garantire un «livello complessivo affidabile e sufficiente di entrate supplementari, anche per coprire gli oneri finanziari dell’Euri». Ma questo come si riflette sulla quota dei fondi del Pnrr che l’Italia ha preso in prestito? Dei 191,5 miliardi di euro del Pnrr italiano 68,9 miliardi sono sovvenzionati a fondo perduto mentre altri 122,6 miliardi di euro sono prestiti. Per i costi dei prestiti del Pnrr l’Italia si rifà al loan agreement, ossia l’accordo di prestito, sottoscritto con l’Ue il 26 luglio 2021 dall’allora governo di Mario Draghi. I costi dei prestiti sono stabiliti dalla Commissione europea in una «confirmation notice», avviso di conferma, inviata all’Italia prima dell’erogazione delle singole rate. Gli 11 miliardi della prima rata dovranno essere restituiti in circa vent’anni e non da subito, ma a partire da maggio 2023 ed entro maggio 2052. Il fatto che il debito sia «spalmato» su un periodo così lungo permette sia di ridurre il peso del debito sul bilancio pubblico nei singoli anni, ma di solito un prestito più a lungo termine prevede un tasso di interesse più alto. Non è facile calcolare la percentuale precisa degli interessi perché variano al variare delle condizioni del mercato. I soldi presi a prestito dalla Commissione non sono stati presi tutti in un’unica tranche, ma di volta in volta emettendo delle obbligazioni per procurarsi le risorse, per poi distribuirli con le rate che arrivano ai governi ogni sei mesi. Facciamo un esempio: nel giugno 2021 il tasso di interesse su un prestito di 10 anni contratto dalla Commissione europea era pari allo 0,09% mentre già a novembre 2022 era al 2,82%. Con la legge di bilancio 2023 si prevede una spesa per gli interessi dei prestiti di 270 milioni di euro nel 2023, di 500 milioni nel 2024 e di 710 milioni nel 2025. Comunque il tasso che paghiamo per rimborsare i prestiti del Pnrr è più basso di quanto spendiamo per ripagare gli interessi sul debito pubblico italiano, circa meno dell’1%.
 

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