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Banche in affanno, Borse ancora giù. Sprofonda il titolo di Deutsche Bank

Gianluca Zapponini
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Francoforte sul Meno non è Zurigo. O forse sì. Non sono passate nemmeno due settimane dal salvataggio lampo del Credit Suisse per la regia del governo svizzero, di raccordo con Ubs, che un altro istituto europeo, forse quello più importante, sembra non stare sulle sue gambe: Deutsche Bank. Il cui titolo, in una giornata che più difficile per l’intero comparto bancario europeo non poteva essere, è arrivato a sprofondare del 15%, per poi recuperare parzialmente terreno sul finire di giornata. Tutto è cominciato nella notte di due giorni fa, quando i Credit default swap sulla banca, prodotti finanziari che consentono di assicurarsi contro il possibile fallimento di una società, spesso usati a scopi puramente speculativi, sono saliti al massimo. Veri e propri indicatori di rischio il cui costo a cinque anni si è impennato a 198 punti base dai 134 di mercoledì. Questo per un motivo molto semplice che però, attenzione, potrebbe non essere l’unico. Questo perché la stessa banca tedesca ha annunciato che ripagherà in anticipo un’obbligazione subordinata nel tentativo di dare un messaggio di fiducia ai mercati. Messaggio che sembra però aver ottenuto l’effetto opposto. Le preoccupazioni riguardano infatti soprattutto i rischi connessi ai bond subordinati AT1, dopo che le autorità svizzere hanno deciso di azzerarne il valore in via prioritaria rispetto alle azioni nell’ambito dell’operazione di salvataggio e vendita ad Ubs di Credit Suisse. Alcune delle obbligazioni di questo tipo di Deutsche Bank sono state vendute in modo cospicuo negli ultimi giorni provocando una caduta del prezzo e alzando il rendimento fino al 23%.

 

 

In altre parole, la paura dei piccoli risparmiatori e investitori è che si dia la precedenza agli azionisti piuttosto che ai titolari di bond. E che il rimborso anticipato delle obbligazioni, sia un tentativo di rassicurazione imprevisto, forse non dovuto. Dunque sospetto. Il panic selling in Borsa non ha tardato a manifestarsi, con Piazza Affari piuttosto pesante per tutta la giornata, fino alla chiusura (-2,23%). Deutsche Bank si è praticamente trascinata dietro l’intero comparto bancario europeo. A Parigi Société Générale è arrivata a cedere il 6,6%, Bnp Paribas il 6,7%. L’inglese Barclays il 6%, la spagnola Bbva oltre il 6%, la svizzera Ubs quasi l’8%.

 

 

A questo punto è lecito domandarsi cosa farà la Bce. Se, cioè, continuerà nella sua politica restrittiva, portando il costo del denaro al 4% entro l’estate, oppure ci sarà un rallentamento, come chiedono alcuni Paesi, tra cui l’Italia. Una cosa è certa, a sentire la Fabi, il sindacato dei bancari italiani, c’è poco da agitarsi. Perché per gli istituti italiani sono «quasi impossibili eventuali impatti derivanti dalla crisi di Silicon Valley Bank e Credit Suisse» (e magari anche Deutsche Bank a questo punto), è il messaggio emerso da una ricerca della Federazione dalla quale si evince che gli istituti di credito registrano un indice di liquidità al 176%, un grado di qualità del patrimonio al 16,2% ed il livello di redditività che sfiora il 9%. Sarà.

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