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Def 20022, il documento svela il bluff del gas russo: con l'interruzione si prevede un tracollo

Gianluca Zapponini
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Stato confusionale. Su un eventuale stop ai flussi di gas dalla Russia il governo di Mario Draghi sembra prendere fischi per fiaschi, con buona pace del siparietto con annesso messaggio socio -umanitario sui condizionatori.

La domanda che ancora oggi rimane senza una risposta è se l'Italia possa fare o meno delle forniture di gas russo. Che, mettendo insieme tutti i Paesi che comprano energia dall'ex Urss, fruttano a Mosca un miliardo di dollari al giorno. La risposta non c'è o se c'è è ambigua. Il Documento di economia e finanza, licenziato dal governo solo tre giorni fa, smaschera le contraddizioni di fondo sulla possibilità che l'Italia possa sganciarsi dal gas russo nel breve termine. Il succo, è nell'introduzione del ministro dell'Economia, Daniele Franco.

«Alla luce delle tante incognite dell'attuale situazione, la previsione tendenziale è caratterizzata da notevoli rischi al ribasso. Tra questi spiccala possibile interruzione degli afflussi di gas naturale dalla Russia, che nel 2021 hanno rappresentato il 40% delle nostre importazioni. Sebbene questo rischio sia già parzialmente incorporato negli attuali prezzi del gas e del petrolio, è plausibile ipotizzare che un completo blocco del gas russo causerebbe ulteriori aumenti dei prezzi, che influirebbero negativamente sul Pil e spingerebbero ulteriormente al rialzo l'inflazione. In tale scenario, la crescita media annua del 2022 potrebbe scendere sotto il 2,3 per cento ereditato dal 2021».

Attenzione, i numeri horror non finiscono qui. Nello stesso Def, per esempio, si stima che i settori soggetti a divieti di esportazione contino per circa la metà dell'export italiano verso la Russia e che l'azzeramento di tali esportazioni «causerebbe un calo del Pil Italiano di circa 0,2 punti percentuali nel 2022 e un ulteriore impatto di 0,1 punti nel 2023».

Tradotto, mettere sotto embargo l'export italiano, versante Russia, costerebbe all'Italia decine di miliardi di Pil. Non è finita, c'è chi fa una previsione ancora più cupa qualora si interrompessero i flussi energetici con Mosca. Bankitalia, che nel bollettino economico diffuso ieri, ha chiarito senza mezzi termini come in uno scenario «più severo» di aggravamento della guerra in Ucraina e tensioni con la Russia sulle sanzioni, con un arresto delle forniture di gas naturale da Mosca, il Pil dell'Italia «diminuirebbe di quasi mezzo punto percentuale sia quest' anno sia il prossimo».

Poi c'è Confindustria, per la quale quest' anno non si andrà oltre l'1,9% di crescita e senza contabilizzare lo stop al gas. Insomma, tagliare i ponti con la Russia può farci male. E molto. In sintesi, senza il gas di Mosca l'economia italiana, almeno nel breve termine, è destinata a ripiegare su se stessa, con la ragionevole prospettiva di passare un inverno al freddo. Tanto vale, verrebbe da dire, lasciare accesi i condizionatori questa estate 12 ore al giorno.

Peccato che lo stesso governo smentisca, clamorosamente, se stesso. Il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, a capo di uno dei dicasteri più direttamente coinvolti nella questione energetica, la pensa diversamente da Mario Draghi e Daniele Franco. Al punto da arrivare a dire, pochi giorni fa, che se fosse interrotto oggi il gas, «non avremmo grossi problemi per i prossimi mesi caldi, però dovremmo essere molto attenti agli stoccaggi, cioè alle riserve invernali».

Insomma, niente panico. Anche perché l'Italia, ha sottolineato il fisico prestato a ministro «sta lavorando per siglare in tempi brevissimi contratti con altri Paesi che possano sostituire in tempi molto rapidi i circa 29 miliardi di metri cubi di gas che noi importiamo ogni anno dalla Russia». Allora tutto bene. O forse no. 

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