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Paura atomica sui mercati. Gas e petrolio mai così cari: prezzi dell'energia insostenibili per le aziende

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Filippo Caleri
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L'attacco russo alla centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia terrorizza gli investitori. E non solo. La paura tocca il sistema produttivo occidentale, Italia compresa, che si deve confrontare con prezzi dell'energia impensabili solo qualche mese fa. Il gas, ad esempio, si è portato su nuovi record a 204,15 euro al MWh, con un rialzo del 26,94%, arrivando anche a guadagnare il 29,5% a 208 euro. Rincari da attacco al cuore arrivati nonostante le rassicurazioni del fornitore russo Gazprom che ha confermato il regolare invio di metano nell'Ue attraverso l'Ucraina. A correre anche il greggio, con il barile sopra la soglia dei 110 dollari sia per il Wti (+6,92% a 118,11 dollari) sia per il Brent (+6,9% a 117,85 dollari). A far paura è la rapidità della crescita. Nella prima settimana di guerra a seguito dell'invasione russa dell'Ucraina, il Brent è salito di oltre 20 dollari, registrando il maggior rialzo settimanale di sempre. Ieri i prezzi sono andati alle stelle dopo che i funzionari ucraini hanno affermato che le forze russe avevano attaccato la centrale nucleare più grande d'Europa. A far aumentare le quotazioni la possibilità di una interruzione dell'approvvigionamento russo mentre i segnali di un accordo nucleare iraniano hanno aggiunto volatilità ai prezzi.

 

 

Per JPMorgan il Brent potrebbe attestarsi a 185 dollari a fine anno se la guerra dovesse proseguire mentre alcuni hedge fund ritengono che sia possibile arrivare a 200 dollari. In tensione anche il prezzo del grano che è balzato del 38,6% in una settimana dall'inizio della guerra in Ucraina ma ad aumentare del 17% e stato anche il prezzo del mais e del 6% quello della soia destinati all'alimentazione degli animali negli allevamenti. È quanto emerge dall'analisi della Coldiretti sulla base delle quotazioni alla borsa merci di Chicago, punto di riferimento mondiale del commercio dei prodotti agricoli. Il contratto future più attivo sul grano ha chiuso a 11,91-1/4 dollari per bushel (27,2 chili) ai massimi da marzo 2008 mentre il mais a 7,6 dollari per bushel al top da 10 anni e la soia a 16,78 dollari per bushel. A pesare, sottolinea la Coldiretti, è la chiusura dei porti sul Mar Nero che «impediscono le spedizioni e creano carenza sul mercato mondiale dove Russia e Ucraina insieme rappresentano il 29% dell'export di grano e il 19% di quello di mais».

 

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