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Stipendi a rischio in Alitalia

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Filippo Caleri
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È un’autentica turbolenza quella che la nuova Alitalia si trova ad attraversare. Dopo la lettera con la richiesta di chiarimenti (ben 100 i quesiti) posti dalla Commissione europea sul piano industriale e sulla necessaria discontinuità rispetto alle gestioni precedenti, ora per la compagnia che si chiamerà Ita c’è la prima grana che rischia di comprometterne il decollo. Non ci sono più soldi in cassa. E rischiano di saltare gli stipendi delle migliaia di persone che ancora gravitano nell’orbita della società.

L’allarme rosso è arrivato direttamente dal commissario straordinario, Giuseppe Leogrande, che ha convocato d’urgenza nella serata di martedì i sindacati di settore per far presente che la situazione finanziaria dell’azienda in amministrazione straordinaria è «delicata». Il commissario, hanno precisato le fonti sindacali, ha espresso le «criticità relative alla tenuta economica della compagnia», sottolineando anche che se non cambiano le condizioni ci potrebbero essere ripercussioni sull’erogazione degli stipendi. Leogrande ha fatto in particolare riferimento all’arrivo della seconda tranche di aiuti previsti dal Decreto Rilancio e cioè circa 350 milioni stanziati dal governo per consentire una transizione ordinata verso la nuova società. Di questa somma però l’Unione Europa, dopo alcune verifiche sui conti, ha autorizzato al momento 77 milioni in meno, che gli amministratori dovranno attendere ancora per un tempo imprecisato. Ecco allora che, con il comparto aereo ancora in deciso ridimensionamento per il Covid e in attesa della ripartenza piena con l’effetto vaccini, per la «vecchia» Alitalia i soldi in cassa potrebbero non bastare per coprire i costi fino all’operatività di Ita, prevista non prima di aprile-maggio. Una doccia fredda per i lavoratori che potrebbero essere chiamati a stringere la cinghia in attesa dello sblocco definitivo dei fondi.

Nel corso dell’incontro il commissario ha invece smentito l’avvio di presunte procedure di bandi di gara per la vendita separata del marchio o della parte volo. Leogrande ha sottolineato la volontà di preservare l’insieme degli asset e non procedere con singole cessioni. Un fatto non di poco conto al momento, perché la Commissione Ue ha già scritto alla rappresentanza italiana a Bruxelles dalla Direzione generale della Concorrenza della Commissione Ue, chiedendo all’Italia di garantire «la discontinuità con Alitalia e la validità del nuovo piano strategico». Un punto essenziale per non incappare nella procedura per aiuti di Stato, e sbloccare i 2,9 miliardi di euro di investimenti assicurati dal Ministero dell’economia. L’Antitrust comunitario ha tenuto a puntualizzare che i quasi 3 miliardi pubblici potranno essere ritenuti compatibili con le norme europee se l’operazione a sostegno di Ita avverrà a condizioni di mercato e soprattutto se sussisterà un’effettiva «discontinuità» economica tra la vecchia e la nuova Alitalia. Nessun collegamento economico per tentare di portare a termine l’ennesimo salvataggio. Il faro di Bruxelles si è concentrato su diversi aspetti del piano industriale, tra cui le stime di profittabilità nell’arco di piano al 2025 e la crescita nel medio raggio. La nuova Ita secondo la Commissione Ue dovrà concentrarsi per l’appunto «sul business aviation, cedendo handling e manutenzione», oltre che «mettere a gara la controllata che gestisce le Millemiglia, cedere alcuni slot, chiarire la strategia multi-hub e fornire l’analisi della sostenibilità economica delle rotte e dei contratti di leasing degli aerei».

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