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Commercio in crisi, strage di negozi: 70 mila chiusi in 10 anni

Crisi economica e negozi chiusi, Confcommercio lancia l'allarme: la crisi fa strage e le attività economiche abbassano le serrande

Filippo Caleri
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Città più buie, con meno servizi e vetrine spente. Dunque con una qualità della vita più bassa. Non è un romanzo di fantascienza ma la possibile realtà che si sta configurando nelle nostre città e che emerge dal rapporto di Confcommercio ull'evoluzione delle imprese del commercio e del turismo nelle città italiane dal 2008 ad oggi. La crisi economica che ha falcidiato i redditi ma anche l'aggressività dell'on line ha fatto strage di attività commerciali. Negli ultimi 10 anni il numero complessivo dei punti al dettaglio è sceso del 12%, facendo di fatto sparire oltre 70 mila negozi. Un calo medio che nasconde varie tendenze, come la forte diminuzione degli ambulanti (-14%) e l'aumento di alberghi, bar e ristoranti (+16,5%). Dal rapporto realizzato dall'Ufficio Studi della più grande associazione dei commercianti italiani, che prende in considerazione, 120 Comuni italiani emerge anche che sono i centri storici a soffrire di più (-14,3% contro l'11,3%), in particolare al Centro Sud (-15,3%). E questo nonostante dal 2015 con il leggero miglioramento dell'economia dopo la lunga crisi si cominci a vedere una piccola ripresa, che rispecchia d'altra parte il cambiamento delle scelte di consumo: aumentano infatti farmacie e negozi di pc e telefonia, e diminuiscono i negozi tradizionali. Confcommercio nella ricerca mette anche in luce un aspetto solitamente dimenticato: la desertificazione commerciale genera disagio sociale e la riduzione della partecipazione al voto tra il 2014 e il 2019 che deriva dalla riduzione dei livelli di servizio commerciale è pari al 4%, ovvero due milioni di aventi diritto nel 2019. Il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli ha però una ricetta da presentare al governo: «C'è bisogno di un piano nazionale per la rigenerazione urbana per migliorare la qualità della vita dei residenti e rendere i centri storici più attrattivi per i turisti. Bene, dunque, il bonus facciate che va in questa direzione. Ma occorre anche un maggiore sostegno all'innovazione delle piccole superfici di vendita e, soprattutto, una riforma fiscale complessiva per abbassare le tasse e sostenere la domanda interna che vale l'80% del Pil: "Città belle e che funzionano sono un grande valore sociale ed economico per i nostri territori. Un motore di occupazione e crescita che non può girare al minimo". Dunque risorse, ma anche piani che riconoscano il valore  sociale di strade e vie ricche di insegne accese. Altrimenti i centri storici e soprattutto le periferie rischiano di svuotarsi di commercianti. Sui quali pesa anche un ulteriore incubo: la crisi in arrivo per il coronavirus può far saltare le stime sul Pil.  E rendere inevitabile l'aumento monstre dell'Iva: 46 miliardi di euro.  

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