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A Roma l'assemblea di Federagenti sul futuro del porto di Venezia

Gli agenti marittimi si propongono di trovare una soluzione per conciliare navi e ambiente

Alessandro Migliaccio
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"Se Venezia non è un porto, questa non è un'assemblea". Gian Enzo Duci, presidente di Federagenti spiega così il titolo provocatorio della Assemblea di Federagenti 2018 ribattezzata appunto "non assemblea", che si è svolta ieri a Roma nella sede della Confcommercio, in piazza Belli. Una riunione con la quale l'Associazione nazionale degli agenti marittimi si propone di trovare una soluzione per conciliare le navi con l'ambiente. "Il no alle grandi navi da crociera nella laguna oggi ha preso una piega ulteriore - spiega il presidente di Federagenti - è un no a prescindere e il ruolo di Venezia come porto è messo in discussione. Ma una città come Venezia, con la sua storia, è impensabile che rinunci alla sua vocazione. Attraverso il porto è diventata la città che è. Penso a come nel Cinquecento l'Arsenale fosse la più grande fabbrica del mondo, al fatto che i veneziani abbiano insegnato al mondo a costruire le navi. Oggi possono e devono dire che caratteristiche debbano avere per poter entrare nel porto, ma non posso pensare che dicano no alle navi". Non è solo questione di dimensioni. "Venezia può pretendere le navi con il migliore livello tecnologico - conclude Duci - meno emissioni possibili, il minore impatto sul moto ondoso, ma questa non è necessariamente una distinzione fra piccole o grandi, è fra navi più o meno avanzate". Dunque, una "non assemblea" voluta per rimarcare i rischi di una Venezia senza porto. I dati scaturiti dalla "non assemblea" parlano chiaro: Venezia - come ha ricordato Andrea Giuricin, economista che ha mostrato la documentazione in materia messa a punto dalla Banca Mondiale - a livello internazionale, e specialmente da Cina e paesi del Sud Est asiatico, è considerata uno dei porti essenziali della via della seta e quindi per le economie che registrano i maggiori tassi di crescita del mondo. Con una Cina che si interroga tutt'oggi su quale debba essere il ruolo dell'Italia sulla Via della seta e con la necessità di connettersi alla crescita globale, l'assemblea organizzata da Federagenti a Roma ha evidenziato dati drammaticamente sottovalutati - come sottolineato dal presidente dell'Autorità di Sistema Portuale del Mar Adriatico Settentrionale, Pino Musolino - e che testimoniano il ruolo di Venezia non come “Disneyland” del turismo mondiale: il 25% del Pil metropolitano di Venezia deriva dal porto; il porto è strategicamente determinante per una delle principali economie d'Europa, quella del Nord Est italiano; 18.500 persone lavorano nel porto e di porto; il porto di Venezia cresce del 6%, ma… è l'unico porto che non può dragare i suoi fondali e l'unico porto che con il Mose rischia di non avere accesso al mare. E Venezia è il più grande frutto dell'opera dell'uomo e da 1200 anni è un porto in cui solo l'opera dei mercanti ha consentito anche di edificare quei palazzi e quei ponti che ne fanno un unicum mondiale.  Intervenendo in conference alla "non assemblea" di Roma, organizzata da Federagenti, il vice ministro alle Infrastrutture e ai Trasporti, Edoardo Rixi è stato lapidario: “Venezia è e resta un porto; non è neanche lontanamente concepibile l'ipotesi di chiudere questo porto” e ha tagliato corto anche con le spinte di chi vorrebbe Venezia snaturata della sua funzione storica, ma anche economicamente essenziale. Un messaggio politico chiaro lanciato in una assise che ha evidenziato in modo altrettanto chiaro e palese le critiche verso posizioni eufemisticamente contrastanti emerse all'interno della coalizione di governo.  I presidenti delle Autorità di Sistema Portuali Adriatiche, Zeno D'Agostino (Mare Adriatico Orientale, nonché presidente di Assoporti) e Daniele Rossi (Mare Adriatico Centro Settentrionale) hanno evidenziato i rischi di cancellazione dell'Adriatico dalle grandi rotte e non solo delle crociere a causa delle incertezze sul futuro di Venezia;  ma anche i pericoli derivanti dall'incertezza generale relativa alla realizzazione di nuove infrastrutture, incluse quelle portuali, sulle quali incombe anche il pericolo ulteriore di un veto europeo al governo italiano nel finanziamento delle infrastrutture dei porti e sulla totale incertezza che ne deriva anche sui bandi di gara e sugli interventi infrastrutturali in atto. Forte preoccupazione è stata espressa dal presidente di Confitarma, Mauro Mattioli, su un Paese che rischia di rinviare di vent'anni le scelte strategiche per il futuro. Stefano Messina, Presidente di ASSARMATORI, ha lanciato l'idea di un percorso politico del mondo dell'impresa che sia in grado di influenzare scelte che rischiano di penalizzare in modo determinante shipping, porti e trasporti. Durissimo il parere del presidente di Confindustria Venezia, Vincenzo Marinese, che ha lanciato un vero e proprio j'accuse al governo sul caso Venezia. “Ai NO grandi navi dico vogliamo bene”, ma dobbiamo cambiare il modo di comunicare il SÌ e su questo costruire reali alleanze. 

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