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Il fisco si scopre complicato. Befera: via il Cud

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Il direttore delle Entrate ammette il giro tortuoso del documento per dichiarare i redditi

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Cosìanche il direttore delle agenzie delle Entrate, Attilio Befera, si toglie qualche sassolino dalle scarpe nel corso della presentazione a Roma del libro «Il salasso» del giornalista del Sole 24 Ore Dino Pesole. «Sto cercando di togliere il Cud». Sigla che sta per Certificato unico dipendente, e che ogni datore di lavoro consegna annualmente al lavoratore per la sua dichiarazione dei redditi. La normativa che lo regola è un trattato di complicazione giuridica eppure da anni è così. Ieri Befera ha spiegato anche lui che qualcosa non va. Il Cud è un documento che «il sostituto d'imposta dà al contribuente, il quale lo consegna a commercialisti o Caf, che poi lo trasmettono a noi. Ma perchè non arriva direttamente a noi?». Certo Befera ha spiegato che per questo però servirebbe un intervento normativo. Ma in ogni caso è un segnale che il livello della burocraziona fiscale in Italia ha raggiunto livelli insostenibili.Lo stesso Befera ha aggiunto che il fisco conta «108 adempimenti e 113 pagamenti l'anno, comprensivi di quelli che si fanno all'agenzia delle Entrate, all'Inps, all'Inail, agli enti locali». Il direttore ha riferito che è in corso un confronto con le associazioni per uno sfoltimento di questi adempimenti. «Quello che potrò eliminare per via amministrativa eliminerò, per il resto saranno necessari interventi normativi», ha concluso. Il direttore Befera però si è detto «contrario» al contrasto di interessi, ossia la detraibilità degli scontrini fiscali, poiché non porta vantaggi. «Sono contrario perché l'onestà per convenienza io la trovo non corretta e oltretutto non porta a quei grandi vantaggi che molti dicono». Alla presentazione c'era anche il ministro dell'Economia, Vittorio Grilli, che ha frenato sul taglio delle tasse. «La riduzione delle imposte passa necessariamente per la riduzione strutturale della spesa. La lotta allevasione può dare un contributo ma se come Paese non ci diamo un percorso di revisione della spesa, anche faticoso, parlare di riduzione fiscale è un'illusione». Per Grilli la spesa è il punto di riferimento perché «con il bilancio in pareggio solo diminuendo la spesa possono essere diminuite anche le tasse». Poi c'è la lotta all'evasione fiscale che «non è solo una battaglia di principio» perché attraverso il sommerso «si altera la concorrenza e si altera il peso economico della nazione». E dunque, oltre al danno anche la beffa. Non solo si pagano più tasse per compensare quelli che non le pagano ma il Pil del nostro Paese include anche il sommerso e su questo si fanno i conti anche quando c'è da contribuire ai salvataggi statali

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