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Monti ammette: la crescita è ancora lontana

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Il presidente Mario Monti attende diligentemente il suo turno nel confronto con un economista di fama internazionale come Joseph Stiglitz, chiamato da Massimo D'Alema, presidente della Fondazione Italianieuropei, a suggerire ricette per la crescita nella Sala del Tempio di Adriano in Piazza di Pietra a Roma. Poi spara ad alzo zero con la sua pacatezza professorale contro tutto. Così se non c'è crescita non è colpa del governo, ma dell'Europa che sta faticando e impegnando risorse per la sua integrazione, a scapito dello stimolo alla domanda di beni e servizi. E se l'esecutivo ha dovuto aumentare la pressione fiscale è colpa di qualcun'altro. Del vecchio governo che, per rassicurare i partner europei, ha chiesto di anticipare il pareggio di bilancio dal 2014 al 2013. Dunque gli italiani possono anche protestare per la tassazione record ma non è colpa dei tecnici. In fondo i cittadini un giorno capiranno che il carico fiscale così alto in fondo è per il loro bene. Monti è uno schiacciasassi. E ne ha per tutti. I suoi strali però non emozionano. La platea, attenta, applaude poco. Pochissimo. Sì, certo è un seminario pubblico, ma le sue parole non bucano. E qualche scivolone c'è. Come quando alle orecchie dei presenti arriva un segnale distonico: «Le riforme strutturali non danno effetti immediati sulla crescita». Un frase che passa quasi inosservata. Ma in cuore agli osservatori più attenti risuonano le cifre date nelle conferenze stampa di presentazione dei primi provvedimenti del «Cresci Italia». «Il Pil salirà del 10% nei prossimi anni» diceva il premier. Dello scivolone se ne accorge anche Palazzo Chigi che in serata emana una nota di chiarimento: la frase di Monti «non aspettiamoci troppo da riforme strutturali come quella del lavoro, come dimostra l'esperienza americana», riportata dalle agenzie, era riferita al pensiero del Prof. Stiglitz. Monti, prosegue la nota ha infatti pronunciato le seguenti parole: «Ha ragione il professor Stiglitz quando dice guardiamo il caso degli Stati Uniti, il mercato del lavoro è flessibile eppure in certe parti l'economia americana non è cresciuta, quindi non aspettiamoci troppo dalle riforme strutturali di supply side policy come quella del lavoro come mostra l'esperienza americana». Il dilemma resta. Non si chiarisce se le riforme strutturali fanno Pil o meno. Monti trova altri responsabili anche per la insufficiente crescita. Dipende dall'Europa che sta ripensando se stessa. «Non sta facendo certo molto bene sulla crescita», ammette il presidente del Consiglio: «L'Ue ha l'obiettivo di costruire se stessa, il che può comportare purtroppo una rinuncia nel breve periodo alla crescita». Responsabilità condivise con gli stati membri. Ma la reprimenda del professore ne trova anche nei confini nazionali. «Per la crescita per la quale non basterà poco tempo, per quanto brillanti possano essere i governi che succederanno a quello attuale, perché la bassa crescita è dovuta a peculiarità culturali del nostro Paese. È molto importante convincersi - ha aggiunto Monti - che un'insufficiente crescita negli ultimi dieci-quindici anni è esistita, malgrado sia stata negata fino a qualche tempo fa». Per fare fronte a questo«ritardo dobbiamo incalzare la Germania, ma esserle anche molto grati - spiega - grazie a lei è stata attivata una batteria di vincoli oggettivamente angusti e perversi senza i quali non avrebbe accettato di condividere la moneta unica. Senza i vincoli imposti dall'Ue, l'Italia oggi sarebbe un Paese vagante nel vuoto ed è sempre possibile che torniamo in quel luogo». Critiche anche a Forza Italia. Nonostante ci fosse stato Luigi Einaudi, «in Italia una cultura liberale non c'è stata. Nel '94 nacque un nuovo movimento politico, visto come portatore di molte istanze e fremiti, anche da parte mia. Ma non fu portatore di un'ordinata cultura verso la programmazione delle liberalizzazioni e la rimozione dei vincoli corporativi». Il premier rivela di aver riposto qualche fiducia nei confronti di Forza Italia, ma anche le sue attese sono state deluse. Tant'è vero, spiega Monti, che in Italia ci siamo trovati difronte «al paradosso che ha fatto più liberalizzazioni la sinistra della destra». Infine le ultime polemiche. Il Professore mette in chiaro che l'affondo di lunedì in conferenza stampa contro i partiti, che aveva scatenato le ire del Pdl, non era rivolto ad Angelino Alfano. «Non l'ho mai menzionato» precisa Monti che mette in chiaro di non aver mai «menzionato» il nome del segretario del Pdl né tanto meno di aver pensato a lui quando si era definito «sdegnato» verso chi propone di evadere le tasse. Così il professore ribadisce il suo no alla proposta di compensare le imprese che sono creditrici nei confronti dello Stato (cavallo di battaglia del Pdl) perché è «impossibile» da realizzare. Sarebbe «una disobbedienza fiscale». Così come non pagare l'Imu. Sindaci avvisati.

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