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Bondi taglierà. Ma sulle Regioni

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Stato o enti locali: chi verrà tagliato di più? Al commissario Enrico Bondi l'ardua sentenza. Intanto la storia delle "regioni virtuose" rispetto a uno stato centrale sprecone sembra non reggere più. Almeno leggendo i numeri elaborati dal centro studi tributari Eutekne.info. Che parte dal rapporto del Ministro Piero Giarda nel quale viene quantificata in 295 miliardi la spesa pubblica potenzialmente «aggredibile» e in 80 miliardi il «di cui» che potrebbe essere concretamente oggetto di revisione nel breve periodo. Come unico obiettivo «definito» della spending review, il governo si pone però intanto solo una riduzione della spesa pubblica di 4 miliardi sul 2012. Perché proprio 4 miliardi? Dalla lettura del Def 2012, approvato nei giorni scorsi, emerge che le riduzioni di spesa poste in essere con le tre manovre più la legge di stabilità 2011 ammonterebbero a 8,7 miliardi sul 2012, più altri 14,9 miliardi sul 2013 (totale 23,6 miliardi), più ulteriori 4,1 miliardi a partire dal 2014 (totale 27,7 miliardi). Ciò nonostante, confrontando l'ultimo conto economico con quello del Def 2011, si evince che la previsione di spesa (al netto del costo del debito) sul 2012 è calata di 4,2 miliardi (anziché di 8,7) e quella sul 2013 è calata di 19,5 miliardi (anziché di 23,6). Sostanzialmente confermati, invece, i risparmi attesi a partire dal 2014. In pratica, sia sul 2012 che sul 2013 mancano all'appello poco più di 4 miliardi di minori spese, presumibilmente dovute alla sopravvenuta conoscenza di spese che non erano note o che comunque non erano state considerate un anno fa in sede di stesura del Def 2011. Da questo punto di vista, l'intenzione del Governo pare quella di utilizzare la spending review al suo minimo sindacale, ossia giusto per quello che serve a riallineare i conti sul lato della spesa a quelle che erano le previsioni fatte in sede di manovra. «Non solo è inutile attendere nel breve periodo una riduzione del prelievo fiscale che già grava sui cittadini, ma rimane anche una chimera la possibilità di scongiurare definitivamente l'aumento di due punti percentuali dell'Iva previsto per il prossimo 1 ottobre 2012», sottolinea Enrico Zanetti, direttore di Eutekne. Per evitare la concreta attuazione dell'aumento dell'Iva di due punti percentuali, già prevista per il 1 ottobre, bastano infatti 3,3 miliardi sul 2012, ma poi ne servirebbero ulteriori 9,8 miliardi sul 2013 (totale 13,1 miliardi), più ulteriori 3,3 miliardi a partire dal 2014 (totale 16,4 miliardi). Con un taglio di circa 4 miliardi nei prossimi sette mesi, pari su base annua a circa 7,2 miliardi, si potrà al massimo ambire, nella più ottimistica delle ipotesi, a uno slittamento dell'aumento dell'Iva all'1 gennaio 2013 e a una sua lieve rimodulazione, nel senso di prevedere un aumento di un solo punto dell'aliquota del 10% e di due punti di quella del 21%, oppure di due punti dell'aliquota del 10% e di un solo punto di quella del 21%, ma difficilmente di un solo punto per entrambe. Con una spending review così dimensionata, però, nemmeno questo sarà possibile se di qui a fine anno le stime del Pil dovessero essere riviste per l'ennesima volta al ribasso. Eppure il rapporto presentato dal ministro Giarda disegna margini di azione ancora più ampi di quelli che emergono dall'osservazione comparata dei livelli di spesa attuali e di quelli previsti sul 2014, rispetto a quelli risultanti in corrispondenza dell'anno 2000, prima dell'esplosione della spesa nel periodo 2001 – 2006. Rispetto alla spesa pubblica (al netto del costo del debito) del 2000. Quella del 2011 evidenzia un incremento in termini reali di 124 miliardi mentre quella attesa per il 2014 un aumento in termini reali in via di riassorbimento ma ancora rilevante di 109 miliardi. Se una parte rilevante di questo è riconducibile alle dinamiche demografiche di invecchiamento della popolazione, pesano anche i "consumi intermedi", ossia la voce relativa agli acquisti di beni e servizi che ha fatto registrare un balzo di 62,5 miliardi sul 2011 rispetto al 2000, e si mantiene a 57,5 miliardi sul 2014. La scelta di Giarda di affidare a Bondi un incarico finalizzato proprio alla razionalizzazione di questa voce, nell'ambito del più ampio capitolo della spending review, appare dunque centrata. Resta il fatto che si tratta di un incarico destinato ad esplicarsi più nei confronti delle Regioni e degli enti locali che non dello Stato. L'82% della spesa per consumi intermedi è infatti riconducibile al conto economico delle amministrazioni periferiche e solo il 18% a quello delle amministrazioni centrali. Certo, anche lo Stato centrale deve fare la sua parte; per recuperare. I numeri delle manovre parlano della suddivisione dei tagli di spesa tra amministrazioni centrali, amministrazioni periferiche (Regioni ed enti locali) e gestioni previdenziali: ebbene, secondo i calcoli di Eutekne che ha confrontato i conti economici considerandoli al netto dei trasferimenti interni tra pubbliche amministrazioni (in quanto mere partite di giro), il quadro che emerge è sorprendente. Le amministrazioni centrali nel 2014, con la manovra a regime, ci rimettono appena 0,5 miliardi (anziché 4,2); le amministrazioni periferiche vedono ridurre il proprio budget previsionale di spesa di 16,3 miliardi a partire dal 2014 mentre il budget delle gestioni previdenziali scenderà 11,3 miliardi a partire dal 2014. «Considerato che, le minori spese delle gestioni previdenziali sono sostanzialmente coincidenti con i risparmi derivanti dagli interventi sui trattamenti pensionistici, a oggi lo sforzo di riequilibrio dei conti pubblici grava per il 79,42% sui cittadini contribuenti e pensionati, per il 19,88% sulle regioni e gli enti locali, per lo 0,7% sullo Stato», conclude Zanetti.

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