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Riscossa di Unicredit a Piazza Affari

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Dopo il crollo il titolo ritrova lo sprint: +6%. Boom per i diritti: + 80%

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Dopogiorni di delirio con vendite straordinarie che hanno ridotto il valore del titolo di oltre il 50% la banca di Piazza Cordusio ha rialzato la testa. L'azione ha chiuso con un aumento del 6,04% a 2,32 euro, mentre il salto dei diritti per sottoscrivere l'aumento di capitale è stato ancora più consistente con un 80,85% a 0,85 euro. I manager dell'istituto di credito, con l'ad Federico Ghizzoni in testa, hanno così tirato un sospiro di sollievo. Da Palermo il direttore generale, Roberto Nicastro, ha spento sul nascere i rumors e le indiscrezioni su possibili scalate a una delle più grosse banche italiane. Un rischio «abbastanza remoto», ha spiegato il dirigente, ricordando che lo statuto della banca limita al 5% il diritto di voto in assemblea al di là delle azioni detenute e che, peraltro, «la Banca d'Italia ha tutti gli strumenti per evitare assunzioni di partecipazioni oltre il 10%». Nicastro ha anche sottolineato che c'è un monitoraggio sull'andamento «del titolo che mostra una volatilità che non ci aspettavamo», ma ha ribadito come già fatto alla vigilia dall'ad Ghizzoni, che «i fondamentali della banca sono buoni e il Tier1 è positivo». E ha rassicurato i risparmiatori «da paure infondate». Non sono mancano però le polemiche. L'Adusbef ha affidato ai propri legali l'incarico di studiare la possibilità di una class action e di un'azione di responsabilità contro i manager di Unicredit e la Consob, per «le modalità capestro di aumento di capitale, penalizzanti per i piccoli azionisti». In una nota l'associazione dei consumatori ha rilevato, inoltre, di aver presentato esposti denuncia alle Procure della Repubblica per verificare se siano configurate «condotte penalmente rilevanti a danno degli azionisti minori», e se «lo scatto» odierno (ieri ndr) in Borsa «non abbia configurato abuso, turbativa di mercato ed insider trading sui titoli». Le bordate ai manager di Piazza Cordusio sono arrivate anche dalle colonne del Financial Times. In un editoriale il quotidiano della City e bibbia del capitalismo anglosassone ha sottolineato che la maxi-ricapitalizzazione da 7,5 miliardi di euro «sta assumendo le sembianze di un disastro» dopo il calo del valore delle azioni «vicino al 50%», anche per colpa della nazionalità della banca nel pieno della crisi. Per il Ft la responsabilità primaria è di Ghizzoni, che «sa fin troppo bene di aver fatto un grosso errore quando ha resistito alla richiesta di aumentare il capitale a inizio 2011» allora avanzata da Bankitalia e dal ministero dell'Economia. Polemiche a parte continuano le dichiarazioni di adesione all'aumento di capitale ormai partito e che si chiuderà il prossimo 27 gennaio. Il nucleo di investitori che attraverso Alessandro Proto Consulting detengono lo 0,8% di Unicredit non hanno escluso oltre alla sottoscrizione della quota di diritto anche altri acquisti sul titolo. Resta ancora in stallo invece il via libera da parte di alcuni dei grossi soci. Tra le fondazioni azioniste che ancora non hanno sciolto le riserve, la CrTrieste - che ha una quota dello 0,33% - riunirà giovedì pomeriggio (il 12 gennaio)il consiglio di amministrazione e il consiglio generale per esprimersi sull'aumento. La prossima settimana, il 17 gennaio, sarà la volta della trevigiana Cassamarca che ha in carico lo 0,7% del capitale. Diversa la scelta della Regione siciliana e della Fondazione Banco di Sicilia, azionisti con lo 0,4 e lo 0,5%. I due soggetti hanno deciso di vendere i diritti con l'obiettivo poi di reinvestire sul titolo una quota parte degli introiti.

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