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Le aziende hanno un tesoretto "liquido"

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Si va dai 70 milioni dei Benetton, ai quasi 18 miliardi di mamma Fiat passando dagli 1,5 miliardi dell'Eni e dai poco più di 4 della Telecom. È il tesoretto di liquidità in pancia ad alcune delle imprese industriali più grandi del nostro Paese. Il grafico (vedere a lato) è stato elaborato in base alle ultime relazioni trimestrali da Fabio Bolognini già vicedirettore generale di Unicredit Banca d'Impresa, poi responsabile delle Pmi per Banca Intesa e ora amministratore delegato della Linker srl, una società da lui fondata proprio per assistere le pmi nell'accesso al credito bancario e nella ristrutturazione debito. I numeri sono interessanti se analizzati alla luce di un grosso problema che affligge la crescita delle imprese, quelle piccole e medie, in mezzo alla crisi: il sistema malato dei pagamenti. Soprattutto di quelli tra privati. Un freno alla ripresa che si aggiunge al deficit di liquidità del sistema bancario alimentando un circolo vizioso che lascia le pmi senza benzina. «Certo - sottolinea Bolognini - occorre sempre tenere presente che alcuni di questi gruppi sono internazionali e la liquidità riportata a livello di bilancio consolidato non è necessariamente tutta in Italia, ma 30 miliardi di liquidità nelle mani di sette grandi gruppi dicono qualcosa su cosa potrebbe accadere se la direttiva sui pagamenti fosse adottata costringendo i big a pagare entro 60 giorni». L'ex banchiere fa riferimento alla disposizione sicuramente più attesa dalle aziende e contenuta nello Statuto delle Imprese licenziato dalla Camera il 4 novembre che riguarda l'obbligo per il Governo di recepire entro un anno la direttiva Ue sulla lotta ai ritardi nei pagamenti. La direttiva, infatti, fissa il termine di 30 giorni per i pagamenti di merci e servizi forniti dalle imprese alla Pubblica amministrazione, e di 60 giorni per i pagamenti fra privati.   Intanto, nel terzo trimestre ha raggiunto il 46,03% il numero delle aziende che saldano puntualmente le fatture, mentre sfiora il 48% il numero di quelle che adempiono con un leggero ritardo, entro il mese successivo. Resta poi uno zoccolo duro del 6% di grandi ritardatari, quelli che mese dopo mese rinviano fino ad arrivare a superare i 120 giorni. E la casistica tende ad aumentare. Non a caso le aziende che soffrono meno in questo momento sono quelle che lavorano con l'estero dove i pagamenti sono più veloci e regolari. La Francia - ad esempio - ha introdotto, appena la crisi è partita, stringenti regole anche per i pagamenti tra privati. E diversi Paesi hanno accelerato la loro velocità di pagamento ai fornitori della pubblica amministrazione per attenuare i problemi della crisi di liquidità bancaria. «La direttiva va subito adottata, liberate le risorse perché altrimenti non ripartiamo», è l'appello dei piccoli e medi fornitori dell'indotto che spesso non riescono a fatturare per colpa dei ritardi nei pagamenti da parte dei colossi di riferimento. Appello rivolto anche alla pubblica amministrazione che però i soldi per pagare non ce li ha perché bloccati dal patto di stabilità. Si tratta di circa 70 miliardi di euro di monte crediti. Negli ultimi mesi la situazione si è ulteriormente aggravata con l'aggiunta, in media, di altri 30 giorni a tempi di pagamento già quasi biblici. Ma il recepimento della direttiva europea sui tempi di pagamento, che insieme alla compensazione di debiti e crediti e alla certificazione dei crediti risolverebbe il problema, resta ancora al palo, perché l'attuazione delle norme slitta o è bloccata in attesa dei decreti. Un'alternativa, nel caso dei pagamenti con la Pa, esiste. Ed è quella di potenziare istituti come la Biis di Intesa Sanpaolo che oltre a intervenire in quasi tutte le nuove grandi opere infrastrutturali, ha messo a punto una serie importante di accordi per smobilizzare i crediti verso i Comuni. O come Banca Sistema, il primo istituto italiano concentrato su un'attività per la quale nel nostro Paese non manca certo la domanda: acquisire presso le imprese e i privati crediti vantati nei confronti dello Stato e degli enti e occuparsi in proprio della riscossione.

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