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Disgelo tra Marcegaglia e Marchionne

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Torna il sereno con Fiat. Il presidente di Confindustria:mai litigato

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Lostrappo della Fiat da Confindustria sembra sia stato digerito e ieri al convegno «Make it in Italy» all'Unione Industriale di Torino, il presidente degli industriali Marcegaglia si è rivolta all'ad del Lingotto con un tono conciliante. «Non c'è nessuna divisione politica tra Fiat e Confindustria, non abbiamo mai litigato, abbiamo totale rispetto di Fiat». Poi: «Non saremo mai noi a dare argomenti a chi intende indebolire la Fiat o la Confindustria. Ci possono essere visioni diverse, strumenti diversi da usare a seconda della tipologia di impresa ma non c'è dubbio che siamo tutti uniti negli obiettivi da perseguire per il miglioramento del nostro Paese». Marcegaglia ha anche parole di elogio per quanto fatto da Marchionne. «Trovo molto chiaro e serio il percorso fatto da Sergio Marchionne: era un'azienda sull'orlo della morte, ha affrontato poi lo tsunami successivo e si è alleata con Chrysler. Il suo impegno è totale». E l'ad del Lingotto davanti alla platea degli industriali torinesi si sfoga sull'accanimento dei sindacati. «Ho sentito tante bugie da parte del sindacato che ha cercato di assegnare a Fiat comportamenti non veri. Gli accordi di Mirafiori, Grugliasco e Pomigliano non hanno intaccato alcun diritto del contratto nazionale». Poi entrando nello specifico spiega i vari tentativi per incrementare la produzione caduti nel vuoto. «Ho cercato di fare 18 turni a Mirafiori, niente, ho proposto straordinari alla Sevel per produrre il ducato, ma c'è il 20% della gente che non si presenta a lavorare, perché c'e' un insieme di regole sindacali che dà loro il diritto di farlo. Ma io l'80 per cento del furgone non lo posso vendere. Questa non è democrazia, ma anarchia industriale». Si rivolge in particolare alla Fiom. «Non siamo il nemico, non possiamo fare guerra continuamente e cercare di accontentare tutti». E sottolinea che «dopo essere andati in America» e aver aperto la strada al collocamento del prodotto in Europa che succede? «Ci stanno mettendo il bastone in mezzo alle ruote, dobbiamo ascoltare una serie di litanie». Il manager smentisce il «catastrofismo» della Cgil e le ripetute perplessità di Susanna Camusso, assicura che «nei limiti del possibile saranno mantenuti i posti di lavoro in Italia. Continueremo a gestire la situazione di mercati depressi facendo ricorso agli ammortizzatori sociali». Al sindacato che lo incalza per avere dettagli sul piano di investimenti, Marchionne manda a dire che «è impossibile precisare sin d'ora i dettagli degli investimenti, sito per sito, che avverranno tra adesso e il 2014. Non è qualcosa che viene fatto dai nostri concorrenti e non può essere richiesto a Fiat in modo ossessivo. Non ci pare quindi logico che la Fiat debba fornire dettagli di previsioni pluriennali quando la maggior parte dei Paesi europei sta cercando disperatamente di condividere soluzioni che i mercati finanziari internazionali richiedono per domani». Il numero uno della Fiat è abbastanza tranquillo. Nonostante la caduta del mercato italiano (dove il gruppo ha perso 210 mila auto in tre anni), il 2011 è stato un anno positivo. Gli obiettivi verranno rispettati. Chrysler con Fiat venderà nel 2011 oltre 4,2 milioni di vetture diventando il quinto produttore al mondo. Assicura che gli impegni assunti saranno rispettati anche se i sindacati lo negano. Marchionne, infine, torna a spiegare la propria decisione di rompere con la Confindustria. «L'uscita di Fiat da Confindustria - puntualizza - è una scelta che abbiamo valutato con grande serietà e che non ha nulla a che vedere con ragioni politiche». E spiega: «Purtroppo in Italia, molti, a cominciare da una parte della politica, del sindacato, non hanno capito, o meglio, non hanno voluto capire, la portata del cambiamento che è avvenuto in Fiat».

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