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JP Morgan ci avverte: recessione nel 2012

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L'Italia entrerà in recessione già nel terzo trimestre del 2011 (quello appena terminato), e continuerà ad inanellare dati deprimenti per i successivi quattro trimestri. Chi è che fa il «gufo» proprio adesso che i mercati rimbalzano e a Piazza Affari si riprende fiato? Quegli analisti «cattivi» di Jp Morgan che nei giorni scorsi hanno pubblicato un report tutt'altro che rassicurante sulle stime di crescita del Pil dei paesi di Eurolandia. Ma i numeri sono numeri e – come fa notare il macroeconomista Mario Seminerio sul suo blog Phastidio citando lo studio – la previsione è il risultato prodotto da un modello econometrico. Quello suonato dalla banca d'affari americana è dunque un campanello d'allarme che non può essere ignorato. Così come dovrà essere seguita con estrema attenzione la traiettoria che verrà segnata nelle prossime settimane dalle previsioni aggiornate di Ocse, Fmi, Banca d'Italia e Confindustria. Berlusconi e Tremonti devono riaccendere il motore. Manutenzione dei conti e misure d'emergenza non bastano più. Il vero banco di prova è la crescita. Invece per gli analisti di Jp Morgan l'uscita dal tunnel si fa sempre più lontana: nel 2012 le prospettive di ripresa dell'Europa si ridurranno dello 0,5 per cento, a fronte di una precedente previsione dello 0,9 per cento. Tutta colpa della brusca frenata congiunturale che colpisce i mercati a livello globale e che, nel Vecchio Continente, viene aggravata dalla stretta fiscale «necessaria» a conseguire il pareggio di bilancio. Nella crisi tutto il mondo è paese? Non proprio. Nel report vengono evidenziate la profonda depressione della Grecia (meno 5,9 per cento di variazione del Pil nel 2012) e la contrazione del Portogallo. La stessa Germania resterà inchiodata poco sopra lo zero. Ma a piangere lacrime e sangue il prossimo anno sarà soprattutto l'Italia, con un meno 1,2 per cento di Pil. Il malato italiano, sempre secondo Jp Morgan che ha suddiviso le stime anche per singoli trimestri, è bloccato a letto dalla recessione e probabilmente ci resterà per un altro anno. Come ricorda Seminerio, secondo convenzione americana le variazioni di Pil sono espresse in termini di variazione trimestrale annualizzata, oltre che destagionalizzata. Nel secondo trimestre 2012 dovremmo dunque contrarci al passo annualizzato del 2,5 per cento. A queste cifre sconfortanti si aggiungono quelle sulla stretta fiscale applicata da ogni Paese, misurata in termini di variazione del saldo primario strutturale, cioè corretto per il ciclo economico. Ebbene, per la banca americana l'Italia dovrebbe correggere poco nel 2011, mentre la stretta maggiore arriverà nel 2012, pari al 2,4% di saldo primario. Proprio quando svaniranno gli effetti degli stimoli espansivi americani, oltre che della forte stretta fiscale attuata dagli europei. All'allarme lanciato sull'Italia da Jp Morgan se ne aggiunge un altro arrivato ieri dagli analisti di Ubs che hanno rivisto le stime sul rapporto tra euro e dollaro per i prossimi tre mesi a quota 1,20 dollari: l'euro continuerà a soffrire, scontando i problemi dei debiti sovrani, a dispetto dei vari rumors che parlano di soluzioni in arrivo per salvare l'Eurozona. «Con l'attuale struttura e con l'attuale composizione (dell'Eurozona), l'euro non funzionerà. Bisognerà cambiare o l'attuale struttura, o i membri dovranno cambiare», si legge nel rapporto della banca svizzera, che poi avverte: «Riteniamo che la crisi dei debiti sovrani in Eurozona sia entrata in una fase più pericolosa». Dunque, «per prima cosa, i politici e le autorità in generale devono fare di più per rivitalizzare l'Eurozona e per ripristinare, più in generale, la fiducia degli investitori. Ciò significa proteggere in modo più forte le banche con capitali più forti, espandere il fondo per finanziare la ricapitalizzazione delle stesse e sostenere i mercati dei bond europei». Ancora, è necessario che si adottino ulteriori misure di austerity nei Paesi dell'Eurozona considerati a «rischio».   Intanto, di fronte a una possibile contrazione prolungata del Pil , gli economisti come Seminerio si chiedono come farà il governo a chiudere il bilancio in pareggio e soprattutto cosa succederà se si apriranno nuove voragini nelle casse dello Stato: verrà alzata ancora l'Iva, verranno tagliate ulteriormente le agevolazioni fiscali, si concretizzeranno i tagli lineari previsti in caso di fallimento del Ddl delega sul fisco? Basta perder tempo a cercare nuovi capri espiatori come la speculazione, lo short selling, i complotti anglo-americani. Basta indicare i vicini che hanno l'erba meno verde della nostra. Basta con i «manifesti» e gli «Stati generali» , chi apre la bocca dia indicazioni precise concrete su come ridare benzina alle imprese sempre più abbandonate e assetate di capitale davanti ai rubinetti del credito che tornano a chiudersi. I denti del debito pubblico affondano in un'Italia già anemica. Il Governo si svegli, la crescita non può attendere.

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