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Lo Stato italiano incassa più dividendi della Repubblica popolare cinese, è il maggiore azionista delle multinazionali del Belpaese, mentre il resto del capitalismo «made in Italy» è completamente in mano alle grandi famiglie industriali.

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Eproprio scorrendo le pagine dello studio, si trova conferma di quanto sia ancora centrale la figura dello Stato nel mondo dell'industria, dove primeggia con colossi come Eni, Enel o Finmeccanica. Tirando le somme i nostri giganti riempiono le casse del Tesoro con oltre mille milioni di dividendi (1.198 milioni per l'esattezza), piazzandosi al quarto posto nella classifica mondiale. Addirittura prima della Cina che di milioni dalle proprie controllate ne incassa 1.149. Sul podio salgono invece il Brasile con 2.124 milioni di euro, la Scandinavia (1.667 mln) e l'India (1.228 mln). A tutto questo si aggiunge il fatto che nel nostro Paese si registra la totale assenza delle multinazionali cosiddette «public company», ovvero ad azionariato diffuso. E che nel mondo rappresentano il 67,6% del mercato delle major. Nel 2010, in Italia, questo tipo di società erano soltanto l'1,6% (vedi Prysmian e Parmalat). Un dato che peraltro si andrà a diluire ulteriormente per effetto della conquista del gruppo di Collecchio da parte della famiglia francese Besnier, patron di Lactalis. Visto dall'alto quindi l'assetto di comando delle big italiane vede lo Stato al 65,1% (18,6% nel mondo) e le grandi famiglie al 33,4% (12,5% a livello globale). Un'altra caratteristica delle multinazionali nostrane è che non corrono come le altre concorrenti. Se le paragoniamo ad esempio a quelle europee si vede subito che crescono meno sia in termini di ricavi che di utile. Nel 2010 la manifattura «Made in Italy» ha registrato infatti un fatturato in crescita del 9,3% sul 2009, mentre il Vecchio Continente è avanzato mediamente di oltre 11 punti percentuali, a fronte della Germania che ha fatto un più 17,6% e della Francia (più 11,8%).

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