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Lotta vera al sommerso per finanziare gli sgravi del fisco

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Rendiamopenale il fatto di assumere in nero e puniamo anche chi lo accetta. E con gli introiti finanziamo il taglio delle tasse» dice a Il Tempo, Marco Paolo Nigi, segretario generale della Confsal. Insomma con la lotta a chi assume in modo illegale si finanziano gli sgravi? La nostra piattaforma è questa e sembra che il governo la voglia discutere. Prevede l'abbassamento dell'eccessivo fisco sul lavoro con la la lotta all'illegalità dilagante. Meno tasse, insomma, su lavoratori pensionati e imprese per rendere competitivo il Paese. Ma come si fa? Con la lotta vera al sommerso, cioè con l'introduzione del reato penale per chi offre e accetta il nero. Ma anche con il contrasto al lavoro minorile e all'evasione contributiva derivante da questa situazione. Infine, serve una vera lotta agli sprechi, come alcune esternalizzazioni del lavoro, e ai costi della politica. Sembra una posizione simile a quella della Cisl, ma con alcune differenze. È così? Sì. C'è un'unica differenza, dato che la Cisl, oltre alla lotta agli sprechi, vede con favore lo spostamento delle tasse dalle persone alle cose. Su questo non ci trova d'accordo. Il rischio elusione è alto e alla fine gli incassi da Iva più alta su aerei, yacht e elicotteri si riducono a poca cosa. Il Tesoro pensa di trovare una parte dei soldi congelando fino al 2015 le retribuzioni dei dipendenti pubblici. Cosa ne pensa? È inaccettabile. Già tre anni fa il Governo ha scelto di tagliare servizi e stipendi. Una manovra troppo facile. Così facendo non si va a cercare lo sviluppo del Paese ma la crisi. Più impoverisco i dipendenti più diminuiscono consumi e risparmi. Una combinazione che rischia di mandare il Paese a gambe all'aria. Se togliamo le risorse ai lavoratori, questi saranno costretti a toccare il risparmio. In questi giorni si susseguono incontri tra Cgil, Cil Uil, Confindustria e Sacconi sul contratto privato. Come calcolare rappresentanza e come rendere sicuri e duraturi gli accordi aziende-lavoratori? Lottiamo da anni sulla misurazione della rappresentanza. Abbiamo avviato una lotta per costringere il Governo ad affidare a un ente terzo la conta degli iscritti. A questo fine si debbono obbligare le aziende a comunicare i dati sulle trattenute sindacali dei cedolini. Lo stesso accade già nel pubblico impiego. Fatto questo, occorre stabilire la percentuale minima da raggiungere per autorizzare la sigla sindacale a partecipare alla contrattazione. Per norma, i contratti dovrebbero essere approvati solo se siglati dal 51% della rappresentanza. Diversamente il contratto non è valido. Stiamo parlando di uno sforzo di autorganizzazione tra le sigle che dovrebbe prescindere dall'attribuzione di premi di maggioranza come oggi accade. Ci sono differenti posizioni nel settore del credito che si accinge a discutere i contratti. La vostra federazione Unità Sindacale Falcri-Silcea che posizione ha assunto e come intende procedere? Dobbiamo applicare il nuovo modello contrattuale firmato nel 2009 sia nel privato sia nel pubblico da Cisl, Uil e Confsal e non da Cgil che chiede di utilizzare il protocollo del ‘93. Quanto a Unità Sindacale, che raccoglie circa il 10% della rappresentanza dei lavoratori del credito, è pronta a discutere il nuovo contratto nazionale e a mettersi in gioco.

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