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Centrale del Latte torna al Comune

Gianni Alemanno

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La pace armata fra il Comune di Roma e la Parmalat è finita. Entro sessanta giorni il Campidoglio dovrà infatti attivare le procedure per riacquisire la titolarità del pacchetto azionario di controllo della Centrale del Latte di Roma, oggi nel portafoglio di Collecchio. Lo ha stabilito la seconda sezione del Tar del Lazio, disponendo che l'amministrazione comunale dichiari la nullità degli atti negoziali con cui nel 1998 cedette per 80 miliardi di vecchie lire il 75% della Centrale del Latte alla Cirio di Sergio Cragnotti. Quota rivenduta, grazie a una transazione col Comune, un anno più tardi alla Parmalat di Calisto Tanzi. Il Tar ha accolto in parte il ricorso per l'ottemperanza alla sentenza del Consiglio di Stato del 1° marzo 2010 presentato dalla società Ariete Fattoria Latte Sano che nel 1998 era in lizza per l'acquisto della Centrale. Il giudice ha anche stabilito che, una volta riacquisito il pacchetto di maggioranza della Centrale, il Comune di Roma non sarà obbligato a indire una nuova gara per cedere la Centrale, ma potrà scegliere come disporne nel pubblico interesse. Ordinando infine al Campidoglio di pagare ad Ariete Fattoria Latte Sano un risarcimento del danno, in via equitativa, di 8 milioni più gli interessi. Ai danni da risarcire alla Ariete se ne potrebbero però aggiungere altri. Ben più pesanti per le casse del sindaco Alemanno. Il 3 marzo scorso a Milano, durante la presentazione dei conti agli analisti, i legali della Parmalat avevano detto a Roma: l'obiettivo è mantenere il controllo della società di cui il gruppo è «legittimo titolare», anche perché quando ha conquistato il timone di Collecchio, nel 2003, Bondi ha ricevuto in eredità dalla disastrosa gestione Tanzi una Centrale dissestata mentre oggi il 75% dell'azienda sul bilancio consolidato di Parmalat ha un valore di carico di 104 milioni, un fatturato di 140, e la Centrale è diventata il marchio di riferimento per tutto il Lazio. «Anche se le sentenze ci dessero torto, - aveva detto il responsabile degli affari legali, Nicola Walter Palmieri - non avremmo alcun obbligo di restituire le azioni se non a fronte del riconoscimento a nostro favore di un premio per le migliorie che abbiamo apportato nel frattempo. E tali migliorie, a nostro parere, sono altissime». Ci dovrà essere, quindi, un bilanciamento tra il dare e l'avere. «La centrale del latte di Roma –aveva aggiunto il legale- è oggetto di una causa un po' curiosa iniziata 11 anni fa e partita dalla sua privatizzazione nel 1998. Dopo 12 sentenze è stato detto che il Comune di Roma e Cirio, che l'aveva acquistata, non avevano rispettato alcuni aspetti tecnici e che la sua privatizzazione sarebbe quindi priva di effetto». La stessa posizione viene ribadita nel bilancio 2010 del colosso alimentare dove, a proposito del contenzioso romano, si legge anche che Parmalat giudica «infondata la richiesta di restituzione delle azioni, perché in nessuna pronuncia v'è accertamento della proprietà in capo al Comune delle azioni facenti parte della partecipazione di Parmalat nella Centrale». Non solo. Il 31 maggio si è aperto al tribunale civile di Roma il procedimento con cui la nuova Parmalat chiede che sia riconosciuto con sentenza che è la legittima proprietaria del pacchetto azionario della Centrale acquistato il 7 luglio del 1999 dalla Parmalat di Calisto Tanzi da Cirio, per il tramite di Eurolat. La Terza sezione del Tribunale, presieduta da Francesco Scerrato, ha ascoltato le parti concedendo i termini per la precisazione delle domande presentate in giudizio e attivare i mezzi istruttori. Il giudice ha quindi fissato al 22 novembre la prossima udienza dell'azione di riconoscimento della titolarità del pacchetto azionario promossa dalla nuova Parmalat. Restano, infine, ancora pendenti due giudizi in Cassazione oltre a un eventuale ricorso al Consiglio di Stato alla sentenza appena emessa dal Tar. La battaglia si preannuncia infinita.

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