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La fusione di Marchionne

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Sergio Marchionne, ad Fiat

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La grande corsa comincerà oggi, 3 gennaio, quando la Borsa emetterà il primo giudizio sulla Fiat solo auto, dopo la separazione di camion e veicoli industriali. Una settimana dopo, sull'altra riva dell'Oceano, saranno gli analisti Usa ad emettere il primo giudizio sulla Chrysler targata Torino. In attesa che, Fiom permettendo, escano dagli stabilimenti di Torino le prime vetture targate Detroit. E così via perché, tra le poche certezze del prossimo futuro, una c'è di sicuro: anche nei prossimi dodici mesi Sergio Marchionne non farà vacanze ma rimbalzerà , una volta o due alla settimana, tra l'Europa e l'America. Senza soste. Anche perché stavolta il manager con il maglione nero si gioca davvero tutto. Con un obiettivo: le nozze Fiat-Chrysler da celebrare nel più breve tempo possibile. Assai prima del 2013, come prevede il contratto siglato alla Casa Bianca nel 2009. Nel 2011, infatti, la prima preoccupazione di Marchionne sarà quella di accelerare i tempi della fusione tra le due aziende, sia dal punto di vista finanziario che della cultura industriale. Non a caso, gli analisti che hanno seguito il road show a New York e Boston del numero uno di Fiat, hanno tratto la sensazione che l'ad di Fiat si prepari ad un vero e proprio tour de force in tre tappe: assolvere, entro fine marzo, alle condizioni industriali previste per salire dal 20 al 35 per cento di Chrysler; restituire, obiettivo del secondo trimestre, i 7,4 miliardi di dollari prestati dall'amministrazione federale; entro, l'anno, infine, acquistare il 16 per cento almeno della società Usa (parte dal sindacato, parte dal governo). A quel punto, per completare l'opera, si potrà procedere al collocamento del titolo in Borsa, nella prima parte del 2012- Un progetto molto impegnativo, non c'è che dire. Ma non impossibile, purché: a) prosegua il rilancio industriale della casa Usa, facilitato dal lancio dei nuovi modelli; b) Washington eroghi a Chrysler e Gm i fondi (2-3 miliardi circa) per i progetti di ricerca dell'efficienza energetica , di cui hanno beneficiato le altre case; c) Fiat disponga dei mezzi necessari per poter procedere all'acquisto. Un passaggio che obbligherà, probabilmente, il gruppo a far cassa con la cessione di una quota di minoranza di Ferrari e di qualcos'altro: Magneti Marelli, innanzitutto. Ma, forse, non solo: di fronte ad un'offerta "generosa"", l'ad potrebbe sacrificare Iveco (compratore obbligato aDaimler) o la stessa Alfa Romeo, nonostante le dichiarazioni di segno contrario. Ma il vero passaggio obbligato, probabilmente il più difficile, consiste nel convincere i mercati finanziari, il mondfo politico e lo stesso sindacato Uaw, oggi primo azionista dell'azienda di Detroit, che il fidanzato italiano sia davvero un buon partito. Ovvero, fuor di metafora, che la nuova Fiat si presenti alle nozze con le carte in regola per creare profitto, senza la zavorra di impianti che sono in perdita cronica. Di qui la necessità di mettere gli stabilimenti italiani al passo con i risultati ottenuti in Polonia, Brasile e, in prospettiva, in Usa e Messico. L'intransigenza di Marchionne sul fronte di Fabbrica Italia nasce proprio dalla necessità di non fallire l'appuntamento americano. Perché numero di Fiat è convinto che l'unico futuro possibile del gruppo passi da Detroit. Solo in questo modo, infatti, Fiat potrà finalmente disporre di una base di vendita negli Usa e potrà integrare la sua tradizionale forza nei segmenti delle utilitarie con la gamma di Dodge e Jeep, il marchio ideale per sbarcare in forze sul mercato asiatico, quello cinese in particolare. Solo così il gruppo italiano potrà disporre di quella massa critica, dal Brasile alla Turchia passando per gli States, che consentirà di vendere, guadagnandoci, almeno sei milioni di vetture. Tutte le energie dell'azienda sono mobiliate per centrare questo obiettivo. Dal punto di vista tecnologico, tutte le Fiat e le Chrysler nasceranno su piattaforme comuni (cinque in tutto), condividendo componenti e soluzioni tecniche. Sul piano dei sistemi di produzione, le tute blu di Chrysler e di Fiat dovranno lavorare con la stessa organizzazione di lavoro, basata sul Wcm (World Class Manufacturing), evoluzione dei metodi giapponesi, e sul sistema Ergo Uas che tende ad ottimizzare gli sforzi dei lavoratori. Sarà un Gran Premio impegnativo, insomma, quello del 2011. Con un'ultima incognita: il pilota Marchionne rischia di non arrivare al traguardo se la Fiat non sarà in grado di presentarsi entro il prossimo autunno con prodotti in grado di recuperare quote di mercato in Europa, Italia compresa, dopo un anno orribile, in cui la Fiat ha badato a risparmiare benzina (cioè investimenti). Forse, però, una volta varata Fabbrica Italia sarà il caso di dare gas alla macchina.  

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