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Alcoa, si spera nel governo

Operai dell'Alcoa in corteo a Roma

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L'azienda è la terza al mondo come produttrice di alluminio. Il suo fatturato si aggira attorno ai 30 miliardi di dollari con un utile netto di due, eppure anche lì la crisi sta lasciando i suoi strascichi. Così Alcoa, la multinazionale dell'alluminio sembra ormai decisa a chiudere gli stabilimenti di Carbonia Iglesias in Sardegna e di Fusina nel veneziano mettendo a rischio duemila posti di lavoro tra dipendenti diretti e dell'indotto. Un'eventualità da scongiurare a tutti i costi e che ha costretto più di 500 operai partiti lunedì dalla Sardegna a manifestare tutto il loro dissenso sfilando da piazza Venezia fino a piazza Montecitorio dove si sono uniti agli altri 200 lavoratori provenienti dal Veneto. Una protesta animata e rumorosa. Non solo il suono dei fischietti e dei tamburi facevano da sottofondo musicale agli slogan ma c'erano anche petardi e mortaretti fatti esplodere quasi a voler essere certi che il Palazzo sentisse bene la forza della protesta. In Sardegna invece, a Portovesme, si è svolta una fiaccolata alla quale hanno preso parte circa 300 persone. Una strategia per sollecitare un intervento diretto di Berlusconi nella vertenza. Un impegno che il governo si era già preso in passato e che ieri sera ha voluto portare avanti invitando a sedersi, attorno alla stesso tavolo, le parti sociali e l'azienda per scongiurarne la chiusura temporanea annunciata per il 6 febbraio. Un vertice al quale hanno preso parte, oltre ai rappresentanti dell'azienda tra i quali l'amministratore delegato di Alcoa Italia, Giuseppe Toia, il sottosegrario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, il ministro della Funzione Pubblica, Renato Brunetta e il sottosegretario allo Sviluppo Economico, Stefano Saglia, assieme ai segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Gianni Baratta e Paolo Pirani, alle confederazioni dei metalmeccanici e al governatore della Regione Sardegna, Ugo Cappellacci. Un ultimo tentativo per far cambiare idea all'azienda, dopo quello messo in atto la settimana scorsa quando il governo aveva emanato un decreto legge sull'abbattimento dei costi energetici per le grandi aziende in Sardegna e in Sicilia. Uno sforzo forse non sufficiente dato che il gruppo statunitense puntava a ottenere garanzie scritte dalla Commissione europea per evitare una nuova sanzione per concorrenza sleale. Garanzie, sebbene non scritte che arrivano in serata quando è lo stesso Letta che durante il vertice racconta che il premier Silvio Berlusconi avrebbe chiamato, da Israele, il presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso per accelerare l'esame del decreto legge varato dal Governo italiano sul riallineamento dei costi energetici per le aziende. Così, dopo una giornata di proteste che hanno visto il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, e il leader dell'Idv, Antonio di Pietro, scendere in piazza Montecitorio a sostegno dell''iniziativa e mentre, davanti alla Camera, gli operai si preparavano con tende e panini ad affrontare la notte in protesta, dal Palazzo arrivavano le prime notizie del vertice. Rassicurazioni che vengono valutate dall'azienda come «un'evoluzione positiva», anche se subito dopo continua: «Pensiamo sia necessario dare un tempo certo e finale alla discussione. L'azienda attualmente perde 8 milioni di euro al mese». Il segretario nazionale della Uilm, Mario Ghini, durante una pausa notturna dell'incontro, si è detto «soddisfatto per il pressing del governo sui vertici Ue e sull'azienda. Ora tocca ad Alcoa dare una risposta al momento che riprenderà il confronto dopo la sospensione chiesta dall'ad della società».

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