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Fiat e Opel: L'Europa da buttare

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Ma siamo davvero così convinti, al di là degli slogan politici e di una certa retorica europeistica che ti trasforma il vecchio continente in una specie di Eden terrestre, culla e simbolo della civiltà, che sia davvero così? Che, cioè, l'ideale tanto caro a Schumann, Adenauer e Gaetano Martino abbia fatto passi avanti? In tutta sincerità penso proprio di no e, paradossalmente, lo scrivo proprio oggi alla vigilia del voto europeo: la vicenda Opel-Fiat è, infatti, la migliore dimostrazione di come i nostri partner predicano bene, ma razzolano male. Se ci fate caso, è successo quello che meno t'aspetti: i tedeschi, piuttosto che farsi conquistare dagli italiani (che pure presentavano un serio progetto industriale per salvare la casa automobilistica già della General Motors), hanno preferito abdicare al piano finanziario presentato dalla Magna, una società di componentistica austro-canadese, che coinvolge anche capitali russi. Ecco, è proprio questa l'idea dell'Europa unita che hanno i nostri amici tedeschi: invece degli italiani, è meglio consegnarsi mani e piedi a Mosca. La domanda è scontata: è questa l'Europa che vogliamo costruire e che scegliamo con il nostro voto? Mi sembra che "partner" di gran lunga migliori si siano dimostrati gli americani che, senza tanti sofismi, hanno accettato la soluzione Fiat per la Chrysler: proprio ieri c'è stata la benedizione finale all'intesa. Ora dicono che neppure Obama, oltre alla Merkel, volesse più di tanto il matrimonio del Lingotto con l'Opel: la Casa Bianca aveva, in effetti, auspicato subito l'accordo tra Detroit e gli italiani, ma a patto che Torino non s'ingrandisse troppo. Ecco quindi, affermano i soliti dietrologi, che l'acquisizione in Germania avrebbe creato qualche problema in più anche al presidente Usa. Non so se tali voci abbiano qualche parvenza di verità, resta il fatto che oggi l'Europa della Fiat sono stati, paradossalmente, gli Usa, non certo la Germania dove le spinte corporative delle altre case nazionali hanno avuto un peso determinante a fare scegliere la soluzione meno indolore, quella soluzione che potrebbe invece rivelarsi un "boomerang" per l'Opel. Non è casuale che la prima levata di scudi contro lo sbarco della Fiat in terra tedesca sia arrivata proprio da Bruxelles e da un importante eurocommissario quando le trattative erano ancora in fieri. Ma, a questo punto, è inutile piangere sul latte versato anche se una po' di rammarico resta: considerando il ruolo determinante giocato dai singoli governi, sarebbe forse stato preferibile che Marchionne avesse chiesto un intervento diretto nelle trattative di Palazzo Chigi. Berlusconi non è amico di Putin? E non avrebbe quindi potuto spostare l'ago della bilancia a favore  di Torino? Ma, a parte questi dubbi, consoliamoci: dai tempi della liberazione dall'occupazione nazista, abbiamo sempre considerato gli americani come i nostri salvatori, coloro che ci regalavano anche le sigarette e la cioccolata. Ma stavolta tocca a noi salvare una grande azienda d'oltreoceano al collasso. E, allora, rimbocchiamoci le maniche e ripartiamo dagli Usa: la nostra Europa può essere anche Detroit. Uniti: la nostra Europa può essere anche Detroit.

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