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Dini: "Bene il salvataggio di Freddie Mac e Fannie Mae, ma la crisi sarà lunga"

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Lamberto Dini

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«Siamo di fronte a una recessione più profonda di quella che sembra. Il commissariamento dei colossi dei prestiti ipotecari Freddie Mac e Fannie Mae è stata una scelta obbligata per evitare l'estendersi della crisi. Ma forse non basterà. Ho notato che il dollaro si era rafforzato nelle ultime settimane dopo le basse previsioni di crescita europee: temo non durerà, tornerà debole e le conseguenze negative avranno un impatto globale». Il presidente della Commissione permanente Affari esteri ed emigrazione al Senato, Lamberto Dini, è pessimista sulla situazione economica internazionale, nonostante i mercati finanziari abbiamo reagito con forti rialzi al salvataggio pubblico dei due colossi statunitesi. Dirigente del Fondo Monetario Internazionale dal 1959 al 1975, Direttore Generale della Banca d'Italia, Ministro del Tesoro e poi Presidente del Consiglio dal gennaio '95 a maggio del '96, Dini è soprattutto un economista di livello mondiale. Membro della delegazione parlamentare italiana presso l'Assemblea Nato, è un profondo conoscitore del tessuto finanziario degli Stati Uniti. Presidente, la nazionalizzazione di Fannie Mae e Freddie Mac indica che siamo di fronte alla fine del liberismo? «No, non credo. Il problema deriva da una regolamentazione insufficiente e il mercato non può essere lasciato da solo in queste condizioni. Si è generata troppa liquidità sul settore immobiliare senza una corretta gestione del rischio». Ed invece della mano invisibile del mercato ecco intervenire lo Stato. «Il fallimento dei due colossi avrebbe causato danni irreversibili perchè le attività e le passività del sistema americano sono interconnesse con quello globale. I mutui erano una sorta di buoni ordinari del Tesoro e gli Stati Uniti dovevano evitare l'insolvenza in quanto gran parte dei titoli è nei portafogli dei fondi all'estero». Facciamo un passo indietro. Come è cominciata questa crisi che in molti paragonano a quella del '29? «Si è generata troppa liquidità negli ultimi anni con la politica della Fed di Alan Greenspan. In pratica, si sono creati compratori di immobili che non davano garanzie per rimborsare i mutui». Si è alimentata una bolla immobiliare senza tener conto delle conseguenze? «Assolutamente. Recentemente sono stato a Miami e ho constatato di persona che alcune banche locali finanziavano anche il 100% dei mutui per l'acquisto della casa. Il compratore non pagava nemmeno i costi del contratto. Questo perchè gli istituti non hanno gestito in modo corretto il rischio di insolvenza, prevedendo solo il crescente aumento dei prezzi degli immobili. Le banche d'affari hanno grosse responsabilità ed esercitano una notevole influenza sull'Amministrazione statunitense. Non a caso il segretario del Tesoro proviene da Goldman Sachs». E qui torniano alla carenza di una regolamentazione sul mercato. «Esattamente. Quello che mi sorprende è che Goldman Sachs faccia previsioni a 200 dollari al barile sul prezzo del petrolio. Più che profezie che si realizzano mi sembrano stime per generare un "effetto branco". Così sub-prime e in parallelo i contratti derivati hanno portato a questa crisi in Usa con implicazioni a livello globale». Come valuta la proposta di Tremonti di trasformare la Banca europea degli investimenti in un fondo sovrano? «Il ministro dell'Economia è stato il primo a non sottovalutare il pericolo recessione. Giusta l'idea di un Fondo europeo per finanziare le infrastrutture dei Paesi membri. Ma alcuni Stati hanno già bocciato in passato la soluzione di un'Agenzia europea». Veniamo all'Italia. Quali sono i rischi che corre? «Molti. Paga una bassa produttività. Servono investimenti in ricerca e innovazione».

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