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Banche popolari, nuove manovre in vista

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Il sistema continua a crescere. A settembre raccolta a quota 257 miliardi. E il risiko non si ferma

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È il mondo delle banche popolari italiane, che negli ultimi mesi si sta dimostrando vitale con importanti operazioni di aggregazione. Banco Popolare di Verona e Novara presieduta da Carlo Fratta Pasini e la Banca Popolare Italiana di Divo Gronchi, Banca Popolare di Intra e Veneto Banca, Bpu e la Banca Lombarda di Corrado Faissola, sono tutti segnali di un settore creativo e per nulla in crisi. Secondo l'Associazione Nazionale per le Banche Popolari a settembre 2006 gli istituti di credito cooperativo hanno registrato una raccolta di 256,4 miliardi di euro, con una quota di mercato del 21% sul totale del sistema bancario in Italia. Gli impieghi hanno toccato quota 244,4 miliardi (20,1%), mentre su tutto il territorio gli sportelli sono 7.671, il 24,1% del totale. «Il mondo delle popolari è molto positivo e in buona salute -dice all'Adnkronos Giuseppe De Lucia Lumeno, segretario generale dell'Associazione Nazionale fra le Banche Popolari- lo sviluppo che ha vissuto negli ultimi anni dimostra dinamicità e creatività. È un sistema che cresce e gode di buone performance». Negli ultimi otto anni la quota di mercato delle popolari è aumentata del 5%, passando dal 16% al 21%. E con le casse rurali si arriva intorno al 30%. «Fra le popolari -afferma Andrea Resti, professore di Economia degli intermediari finanziari all'Università Bocconi di Milano- ci sono buoni istituti discretamente efficienti. Grazie a un buon radicamento territoriale si riesce a servire il territorio con una notevole efficienza e con volumi elevati». Il legame con l'imprenditoria locale, a giudizio di Resti, «è un'arma competitiva affilata che consente di essere presenti sul territorio e in qualche misura di controllarlo». A molti però la competitività degli istituti di credito cooperativo non piace e si evoca la parità competitiva. «I gruppi bancari che lavorano per i propri azionisti con l' 'obbligo di guadagnarè -spiega il professore della Bocconi- talvolta lamentano di competere con aziende con vincoli di profitto più blandi. Ma le cooperative hanno vincoli per la creazione di valore qualitativamente diversi. Società per azioni e cooperative sono modelli di impresa paralleli e non paragonabili». D'accordo anche De Lucia Lumeno. «Chi parla delle popolari come di un'anomalia tutta italiana -dice- dimostra di non essere ben informato. In Canada le banche cooperative hanno il 65% del mercato, il 30% negli Stati Uniti e in Europa le quote si attestano intorno al 20%. E anche nel Regno Unito si stanno ricostituendo». Per questo il futuro delle popolari non sembra essere a rischio. Fuori discussione per il segretario generale dell'Associazione Nazionale fra le Banche Popolari il voto capitario, che è »fondamentale. Si può discutere su tutto, ma non su questo. Al massimo si può pensare di modificare i modi in cui può esprimersi«. Quanto al futuro delle popolari italiane i due esperti non vedono problemi. Per De Lucia Lumeno «fra 5 anni vi sarà un mondo delle popolari simile a quello attuale, con circa 4 banche di grandi dimensioni e un numero consistente di piccole e medie». Analoga previsione per Resti, che prevede una «maggiore concentrazione di soggetti più grandi e spazio per nuovi e piccoli».

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