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Sud, un laureato su tre fugge al Nord

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La fuga di cervelli inizia dall'Università. E a trasferirsi sono spesso i più preparati

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E la quota dei "dottori" che lasciano il Sud per lavorare è in aumento (era il 23,5% nel 1998). Inoltre, a essere sempre più investite dal fenomeno della mobilità per lavoro sono le donne meridionali. Infatti, la quota di laureate che emigra è pari alla quota dei colleghi maschi, mentre, fino a qualche anno fa, il fenomeno dello spostamento per lavoro interessava di più gli uomini. A fornire questi dati è uno studio Svimez, curato da Sandro Gattei, Luca Bianchi e Sergio Zoppi. Nell'indagine, che riguarda il sistema scolastico del Mezzogiorno, si prende in considerazione anche il problema della "fuga dei cervelli". Un fenomeno che si sta accentuando. Infatti, dice la Svimez, «la fuga del capitale umano si realizza in due momenti diversi: il primo al momento della scelta dell'iscrizione all'università e il secondo al momento dell'entrata nel mondo del lavoro». Nel complesso, se si considerano congiuntamente entrambi i momenti della mobilità (quello per studio e quello per lavoro), si vede che dei laureati meridionali del 1998 e occupati nel 2001, il 31,1% lavora al Centronord o all'estero (percentuale equamente ripartita fra uomini e donne). Tale quota, sottolinea l'indagine «risulta più elevata rispetto a quella effettuata sui laureati meridionali del 1995 e occupati nel 1998, pari al 23,5%». Inoltre a emigrare, allora, erano più i laureati (25%) delle laureate (22%). Per considerare tutti i tipi di mobilità possibili per i laureati, l'analisi è stata realizzata distinguendo 4 tipi di comportamenti: quelli che non si sono mai spostati, quelli che si sono spostati per studio, ma sono poi tornati nella loro terra, quelli che sono andati via per studio e non sono tornati e, infine, quelli che sono emigrati dopo una laurea acquisita nella propria terra d'origine. Nella prima categoria rientra circa il 60% dei laureati meridionali e il 95,7% dei laureati centrosettentrionali, la cui mobilità, dice la Svimez «è molto rara e limitata a quasi esclusivamente alla stessa ripartizione geografica». La seconda e la terza categoria, rappresentano, dicono Bianchi e Gattei, la «prima fase della fuga dei cervelli». Infine ci sono coloro che hanno studiato nel luogo dove vivono, ma lavorano altrove: ben il 18% dei laureati meridionali, vale a dire uno su sei, ha fatto questo tipo di scelta che, invece, ha interessato appena il 3,7% dei colleghi del Centronord. E fra gli "emigranti" ben il 37% si è laureato con una votazione pari a 110 o a 110 e lode.

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