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Le Vibrazioni di Sarcina: "Siamo come highlander"

Il cantante punta il dito contro l'industria musicale "usa e getta". E pensa alla nuova tournée con l'orchestra diretta da Vessicchio

Carlo Antini
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Rock e musica classica. Binomio da cavalcare secondo Le Vibrazioni. Ne parla Francesco Sarcina che presenta la tournée della sua band con l'orchestra diretta dal Maestro Peppe Vessicchio. Un giro nei teatri fino a dicembre e poi la testa a tante altre cose: dalle canzoni inedite ai nuovi canali di promozione della musica online. Fino al progetto di realizzare un musical e un sogno privato tutto da scoprire. Francesco Sarcina, com'è nata l'idea di far incontrare rock e musica classica? «Siamo una delle poche band che suonano senza trucco e senza inganno. Abbiamo deciso di rivisitare il nostro repertorio in chiave classica. D'altra parte proveniamo tutti dalla stessa matrice. Rock e classica smuovono le molecole e noi siamo fatti di molecole. Sono sicuro che se Mozart e Beethoven avessero avuto l'elettricità sarebbero stati metallari». Com'è andato l'incontro con Peppe Vessicchio? «Il maestro è un nostro caro amico già dai tempi di Sanremo 2005. Da allora tra noi si è creato un rapporto speciale. Per questo abbiamo pensato subito a lui. Lo abbiamo chiamato e ci ha parlato della sua idea di mettere in piedi un'orchestra di giovani. A quel punto abbiamo pensato di fondere i nostri due progetti». Che tipo di live state preparando per il pubblico? «Il palco sarà suddiviso tra la nostra band e un'orchestra composta da 28 elementi. Insomma ci sarà da divertirsi. Anche perché ci saranno momenti dello spettacolo in cui faremo botta e risposta con l'orchestra. Ma non voglio svelare altro per lasciare un po' di sorpresa e mistero sullo show». Le Vibrazioni compiono 20 anni di carriera. Qual è il suo bilancio? «Siamo stati una band che ha aperto un canale in un momento in cui la musica italiana era ferma. All'epoca c'erano i Lunapop ma non si vedevano molto dal vivo. Noi abbiamo aperto al ritorno del rock anni '70 che poi è diventato mainstream. Siamo consapevoli di far parte di una scena bella ma complicata. Siamo come highlander. Dobbiamo fare a pugni e sgomitare per restare a galla». Con chi si sente di dover lottare? «Innanzitutto con me stesso. Sono il mio primo nemico perché spesso non guardo oltre il mio naso. Ma è anche una lotta contro il tempo e i tempi della musica sono diversi rispetto a quelli personali. Poi ci sono quelle che io chiamo entità. Si tratta dei fenomeni musicali usa e getta di cui pieno il nostro tempo. Li creano soprattutto i talent show che hanno abituato il pubblico ad aspettarsi ogni anno qualcosa di nuovo. Così, però, i giovani talenti vengono bruciati subito e le altre band entrano in crisi. Insomma o il supersuccesso o il nulla». Conosce qualche alternativa ai talent show? «Sia chiaro. Non sono contro i talent ma sono più favorevole alla musica per strada e nei locali. In passato ho partecipato ad alcuni programmi in televisione ma ci vuole più equilibrio. Qui tra un po' fanno le multe non a chi ruba ma a chi suona. Meno male che c'è YouTube». Cosa intende? «Ogni epoca e ogni generazione hanno le loro invenzioni. Da qualche tempo c'è YouTube che fa numeri pazzeschi. Io ho figli e me ne rendo conto direttamente. Nei canali digitali c'è una sorta di anarchia di cui si sentiva la mancanza. Tutto questo mi piace e mi attira soprattutto la possibilità di essere indipendenti dal dominio di radio e televisioni». La vostra canzone «Così sbagliato» fa parte della colonna sonora del film «Drive me home» di Simone Catania. Com'è il vostro rapporto col cinema? «È sempre stato buono. D'altronde quando scrivo canzoni lo faccio per immagini. Nel caso di "Drive me home" c'è una totale aderenza tra canzone e film. Entrambi parlano del sentirsi inadeguati e della necessità di superare le chiusure mentali della società. Essere diversi non vuol dire essere sbagliati. È proprio questo il messaggio della pellicola e del nostro brano. Si parla d' amore e di libertà. L'importante è non recare danno agli altri. Fin lì è tutto possibile. Solo attraverso la diversità si può sperare di fare grandi cose». La scorsa estate ha sollevato un vero polverone il caso che ha coinvolto lei, Clizia Incorvaia e Riccardo Scamarcio. Cosa ne pensa oggi? «Nulla e non ne voglio parlare più. Quello che dovevo dire l'ho già detto. Adesso preferisco il silenzio. Vivi e lascia vivere». Nel 2018 siete tornati sul palco di Sanremo. Ci saranno sorprese anche per l'edizione numero 70 in programma l'anno prossimo? «E chi lo sa. I giochi si faranno più in là e, anche se lo sapessi, non glielo direi ora. Siamo molto legati a Sanremo perché è anche grazie al Festival che siamo tornati sulle scene. Fino a dicembre comunque saremo impegnati nel tour teatrale. Ma le vie della musica sono infinite». A parte la tournée con l'orchestra state lavorando anche a canzoni inedite? «Certo. Non ci fermiamo mai. Anche perché i progetti nascono soprattutto in base al materiale che abbiamo a disposizione. Per questo stiamo continuando a scrivere cose nuove». Dopo 20 anni di carriera, ce l'ha un desiderio che non ha ancora realizzato? «Tendo a fantasticare sulle cose e di desideri ne ho tanti. Ho sempre avuto il trip del musical. Danza, canto e orchestra tutto insieme. Sarebbe bellissimo. Ma mi intriga anche il cinema. Vorrei fare anche solo un cameo. Magari un personaggio fuori di testa. Ma il mio desiderio principale riguarda la vita privata ed è vivere al mare, su una barca e passare le giornate a pescare».

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