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Fabrizio Moro: "Ultimo sta vivendo una cosa più grande di lui"

Fabrizio Moro con Ultimo

Le confessioni tra gli attacchi di panico e il saluto a Emma Marrone

Giada Oricchio
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Fabrizio Moro entra nello studio di "Verissimo" ed è accolto dalla standing ovation del pubblico. Civettuoli occhiali da vista  su un sorriso dolcissimo e al tempo stesso consapevole. E' caduto e si è rialzato numerose volte, ma non lo nasconde anzi ne va fiero: “Il mio mito è Rocky Balboa. Mi piacciono quei ragazzi che scelgono di lottare da soli, che non hanno avuto mani tese nella vita e ce l'hanno fatta lo stesso. Ho visto tutti i suoi film, il cinema è la mia grande passione, va di pari passo con la musica”. Moro si racconta volentieri a Silvia Toffanin: “Ho sempre lavorato nell'officina di famiglia ma quando a 23 anni ho firmato il mio primo contratto credevo fosse fatta: “Non mi ero montato la testa, sono calabrese e sto sempre con i piedi per terra, ma ero esaltato, ero sicuro e invece le cose andarono male. Il Festival di Sanremo andò male e così il disco. Mi strapparono il contratto. Ma non ho mollato. Oggi a 44 anni ho ancora degli obiettivi davanti a me. Ci sono dei momenti in cui diventi avido di passione, quello che hai non ti basta e allora sogni. Desidero di suonare all'Olimpico, ci arrivo e poi penso di andare a Milano. Per me i sogni sono fondamentali al pari dei miei figli. Mi sveglio e immagino cosa posso fare di nuovo”. La Toffanin ricorda che Moro ha scritto un brano per Emma Marrone: “Prendo spunto e ne approfitto per mandarle un saluto, ti voglio bene Emma!” e il cantautore: “E' sempre stata un pugile, una lottatrice, ce l'ho nel cuore”. Poi riprende il viaggio nella carriera: “Nel 2007 arriva la rivincita con “Pensa” al Festival di Sanremo. E' nei libri di scuola, che orgoglio per me che ho la quinta elementare. Ti racconto un retroscena, lavoravo in albergo e quando finivo in tempo le pulizie ai piani il mio responsabile mi faceva un applauso, il fratello lavorava all'Ariston e quando scesi dal palco del Festival lui mi fece il medesimo applauso. Che soddisfazione! Vengo dalla periferia e ho realizzato i miei sogni. Ma ci sono state tante intemperie anche dopo il 2007, la mia carriera è stata particolare, sono nato e morto tante volte. I bassi mi buttano giù perché sono molto emotivo, ma non mollo. Il nostro mestiere è delicato: fai un disco di platino e riempi i palazzetti e magari dopo due anni il disco non vende e poi hai un altro alto. Ma sono convinto che il successo sia arrivato in tarda età perché prima non ero pronto, non avevo la testa allineata con i percorsi giusti della vita. Ora mi godo il successo con la consapevolezza dei miei 44 anni”. Fabrizio Moro non nasconde la paura di cadere, di inciampare di nuovo e ammette: “Ho sofferto di attacchi di panico, ora non più, sono passati quando è nato Libero il mio primo figlio che ha 10 anni. Vuoi sapere una cosa? Si voleva chiamare Cristiano in onore di Ronaldo. Mia figlia Anita, invece, è la mia vita, per lei ho scritto la canzone Portami via”. Fabrizio Moro è il pigmalione senza invidia di Ultimo: “E' ragazzo molto umile, so cosa sta passando, non avrebbe mai immaginato tutto quello che gli sta accadendo, è una cosa enorme. Come l'ho conosciuto? Due anni fa mi portò una pennetta con dei brani, li ascoltai e gli dissi ‘ti va di aprire i miei concerti?' ora sono io che devo andare ad aprire i suoi!”.    

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