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di Natalia Poggi Strano destino quello delle sirene, antichissime e inquietanti creature le cui origini affondano nell'humus del mito classico.

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Einvece le sirene restano prepotentemente presenti nell'immaginario umano. E continuano a turbarlo come delle presenze aliene, provocando una fascinazione ancestrale ma anche moderna, proprio in virtù di quell'essere metà di una cosa e di un'altra: donna e pesce, casta e sensuale, asessuata e materna. Fu Omero a dare loro fama eterna, facendole incontrare a Ulisse quando liquidata la maga Circe era già sulla via del ritorno a Itaca. Chi non conosce la storia di Odisseo legato all'albero della nave e dei suoi compagni con le orecchie ricoperte di cera per resistere al fascino del canto dolcissimo e suadente delle amene sirene? Eppure quelle sirene incontrate da Odisseo, di attraente avevano ben poco. Nel mondo omerico, infatti erano raccapriccianti donne-uccello con la testa di fanciulla e il corpo da volatile. Terribili, nonostante la malìa del canto. Tra gli affascinati cultori delle sirene c'è Emanuele Coco autore di «Il circo elettrico delle sirene» (Codice Edizioni): lui, al posto di Odisseo, si sarebbe slegato dai lacci e tuffato tra le perturbanti creature. Con il suo libro colto e ricco di richiami storici, filosofici e letterari Coco fa un'operazione ardita. Instilla il dubbio che le sirene esistano davvero semplicemente perché le vagheggiamo e a volte le sognamo come creature reali. Il suo è un viaggio appassionato dentro al mito e anche dentro di noi inguaribili nostalgici che di miti ci alimentiamo. Non si fa fatica a restare avvinghiati alla sua rete. Nel circo di Coco c'è Elena (di Troia) per la quale il narratore del libro nutre profondo amore. Racconta Euripide che la moglie di Menelao, dopo la tragedia della guerra di Troia scaturita dalla sciagurata liason con Paride, vaga in Egitto schiacciata dai sensi di colpa e dalla disperazione. A un certo punto la regina di Sparta invoca le amiche sirene e chiede il loro aiuto: «Alate fanciulle unitevi ai miei singhiozzi con flauti libici, cetre e zampogne. Cori di morti che si accordino con i miei canti funebri». Quelle non se la fanno ripetere due volte: «Ti è toccata una vita che non è vita, c'è prova o pena che non ti è stata risparmiata?» le dicono. In fondo è quello che Elena vuole sentirsi dire. Nel suo caso le sirene sono docili, amiche: le danno pure consigli sul da farsi ma lei non le ascolta. E così va incontro al suo triste destino. Le primordiali donne-uccello dalla femminilità ridotta all'essenziale, caste per necessità in quanto non dotate di organi sessuali a un certo punto subiscono un'ulteriore metamorfosi: via le zampe ecco comparire la coda del pesce (le prime rappresentazioni iconografiche si ritrovano nei vasi del III secolo a. C.). Inizia la lenta ma inesorabile femminilizzazione. In età ellenistica sono addirittura vestite e ingioiellate come matrone e soprattutto sfoggiano seni, pance prominenti, gambe, fianchi e labbra. Oltre la donna c'è qualcosa di più e cioè la maternità. In pieno medioevo fantastico tra le innumerevoli figure oniriche e anche mostruose che affollano capitelli, portali di chiese e miniature c'è pure la sirena che allatta. Nelle cattedrali di Basilea e Strasburgo, (siamo al XIII secolo) ad esempio, la sirena è infatti rappresentata con una mammella gonfia in mano mentre allatta un piccolo (sirenino o sirenina?). Siamo lontani anni luce dalle bestiali creature omeriche. Ormai sono donne a tutti gli effetti, lunghi capelli e seducenti code di pesce, sguardi sereni e amroevoli, nuotano nel mare in completa tranquillità E mentre accudiscono i propri figli insegnano loro canzoni magiche. Il mito della donna-pesce si consolida così per sempre. Un'immagine che sembra ossessionare l'autore del libro: «Che dire dei seni delle Sirene? A guardare le miniature medievali se ne trovano di tutti i tipi. Tondi, all'insù, a punta, all'ingiù, sodi, morbidi, magri, gonfi» si chiede. «Vedendoli si potrebbe pensare che il quadro sia un un po' vago - prosegue - frutto più della fantasia che dell'esperienza diretta. Ma forse è proprio il contrario: la realtà è varia, supera la rappresentazione, e questi seni sono belli con le loro forme sincere restituiscono tutta la personalità della ragazza che li mostra, la sua unicità, l'essere diversa da chiunque altra. E così suscitano innamoramento in chi li vede». A suffragare la loro esistenza c'è la sirena imbalsamata di Barnum (siamo nel XIX secolo) direttore dell'American Museum di New York. Barnum ebbe l'ardire di metterla in mostra alla Concert Hall di Broadway. Interminabili le file dei visitatori. «Una Sirena, una di quelle che non si vedevano dai tempi di Omero, era lì pronta per essere afferrata» scrive Coco. Era il più bello spettacolo del mondo! Lo sarebbe pure adesso.

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