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Sessant'anni sui tasti del pianoforte

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Ceciliaal Parco della Musica (ore 20.30). Torna a Roma dopo tanto tempo e sugli allori scaligeri Daniel Barenboim e si manifesta nella sua mai smessa veste di pianista. E ritrova il suo amico, e a lungo assistente, Antonio Pappano sul podio e anche padrone di casa. Un concerto fuori dal comune che riporta l'artista argentino quasi indietro nel tempo e rinnova un sodalizio che ottimi frutti ha dato in passato all'estero. Dopo l'aperitivo di rito, in cui Pappano dirigerà la Sinfonia delle Nozze di Figaro di Mozart, spazio a ben due Concerti per pianoforte ed orchestra, laddove l'eccezione è motivata dalla presenza dell'illustre ospite al pianoforte. Barenboim affronterà difatti due diversi capitoli, entrambi esemplari del concertismo europeo, con la composta Klassik viennese e la poetica Romantik tedesca. Affronterà difatti innanzitutto il Concerto n.27 in si b maggiore K 595 (1791) di Mozart, considerata opera matura, decantata e definitiva dello stile pianistico mozartiano. Il salisburghese difatti affidò sempre alla forma del Concerto pianistico la speranza di imporsi sulla scena musicale più come operista e sinfonista che come interprete, donde una certa disaffezione al genere negli anni maturi. Seguirà poi il decantato Concerto n.1 op. 11 in mi minore (1830) di Chopin dalla tecnica appariscente e spettacolare. Come dire che il polacco piegò il modello del Concerto Biedermeier, diffuso verso il 1810, alla nuova sensibilità romantica espressa in quegli anni anche dal violinismo paganiniano (Chopin conobbe il genovese a Varsavia nel 1829 durante una sua tournée concertistica). Scritta da uno Chopin ventenne alla vigilia dell'abbandono della patria occupata nel 1830 dalle milizie zariste russe, la partitura ebbe subito successo presso il pubblico anche per le interpretazioni di Liszt, Clara Wick, dell'ungherese Ferenc Erkel e del virtuoso Kark Tausig. Particolarmente rilevante la Romanza (Larghetto in mi maggiore) in una minuscola forma sonata, mentre il Rondò finale rimanda al variegato folklore musicale polacco, secondo un modello poi esportato anche in suolo francese e tedesco. E ben ha segnalato Rattalino come il Concerto Biedermeier conservi un carattere coreografico a confronto di quello più teatrale di Beethoven. Lor. Toz.

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