Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Annibale Carracci da pittore a padrino

default_image

Inediti Dai registri delle parrocchie del '600 la foto di chi abitava o veniva nella Città Eterna

  • a
  • a
  • a

Eneanche di sguinzagliare troppo le sue guardie per sapere come si comportavano sudditi e stranieri ospiti. Se avevano l'amante, se morivano per una coltellata, se crescevano figli illegittimi. A fare i segugi «der Santo Padre» erano i parroci delle chiese romane. I registri conservati in sacrestia fotografavano la popolazione. Quelli detti degli «Stati delle anime di Roma» riferendo chi aveva obbedito al precetto pasquale individuavano contemporaneamente dove ciascuno abitava e come era composta la sua famiglia. I Libri dei Battesimi, dei Matrimoni e dei Funerali la dicevano lunga su intrecci parentali ed extraparentali e sull'accidente che aveva mandato questo o quello all'altro mondo. Senza contare che la festa di nozze o il piagnisteo alle esequie fornivano un'altra messe di informazioni. Insomma, il quadro sociale del popolino, dei nobili, degli «immigrati». A spulciare i volumi relativi ai primi decenni del secolo d'oro della Città Eterna, il Seicento, quando arrivano dall'Europa fior di artisti, i palazzi della nobiltà aumentano e si arricchiscono di mobili, dipinti, affreschi e le parrocchie capitoline erano già settanta (non poche in una città compatta, senza periferie, rispetto alle 400 di adesso) è stata Rossella Vodret, Sovrintendente Speciale al Patrimonio Artistico di Roma, che ha curato il volume «Alla ricerca di Ghiongrat 1600-1630», edito da L'Erma di Bretschneider e presentato ieri nel Palazzo Apostolico Lateranense. Ma come le è venuto in mente di compilare un'opera «storica» e sociologica su Roma? «Un'idea nata 35 anni fa, mentre preparavo la tesi di laurea - dice Vodret a Il Tempo - Il mio professore, Cesare Brandi, mi mandò nell'Archivio Storico del Vicariato a scoprire tracce di un pittore senese. E io restai colpita dai libri delle parrocchie. Dietro il lungo elenco di nomi c'era il tessuto della città, gli incontri, i legami, anche irregolari. Ne usciva una sorta di gossip del Seicento perché i documenti non sono altro che lo specchio di tante vite vissute. Ho incentrato l'interesse sugli artisti, e qui sta il valore più specialistico del volume. Avere il documento che uno di loro operava nella città del Papa può aiutare a risolvere gialli della storia dell'arte, come attribuire con certezza la paternità di un dipinto». Ma chi era Ghiongrat? «Scorrendo i seimilaseicento documenti grazie a un'équipe di dodici archivisti e storici dell'arte e a un finanziamento dell'Unione Europea - spiega il Sovrintendente - ci siamo imbattuti su questo strano nome e abbiamo poi scoperto che il parroco aveva trascritto male, storpiandolo, quello di un artista fiammingo, Wounter Crabet, Gualtiero Crabet». Di fiamminghi, oltre che di italiani, ne vennero in effetti a frotte nel primo trentennio del Seicento, attirati dal desiderio di conoscere i maestri italiani del passato, ma anche dalle committenze aumentate per i due Giubilei, del 1600 e del 1625. Su di loro vigilava il clero. «Riempivano le locande intorno al Corso, ammassandosi anche in quattro o cinque in una stanza. Dai registri dei matrimoni, risulta per esempio che una locandiera, Carla Antonia Stuart, si sposò tre volte, man mano che i mariti morivano: un francese, un tedesco e un romano, quest'ultimo di 15 anni più giovane». «Ospitale» anche una certa Margherita Galanti, in via della Croce. Come funzionava il «censimento» dei parroci lo spiega Massimo Pomponi, lo storico dell'arte che ha firmato uno dei saggi del volume. «Gli Stati delle anime erano una sorta di controllo della moralità della popolazione. Il prete visitava le famiglie durante la Quaresima. Annotava la loro composizione, se la coppia era sposata o viveva more uxorio. Consegnava un bollino che doveva essere restituito, a dimostrazione di aver ottemperato al precetto pasquale della Confessione e della Comunione, durante la messa della Resurrezione. Esemplare una storia. Il pittore Carlo Saraceni, veenziano e maggior seguace di Caravaggio, vive con una donna dalla quale ha avuto un figlio. Lei viene attestata come convivente, poi sia la madre che il ragazzo scompaiono dai registri. E due anni dopo Saraceni risulta regolarmente sposato. Con un'altra donna. Gli avevano fatto mettere la testa a posto». I libri dei battesimi danno certezza della presenza nella Capitale dopo la fuga successiva allo stupro, di Artemisia Gentileschi. Compare come madrina di battesimo di un piccolo sconosciuto. Precisa Vodret: «Anche su Annibale Carracci escono circostante inedite. Nel 1604-1605 si attestava come colpito da un ictus, depresso, chiuso in casa. Invece fece da padrino di battesimo parecchie volte. E sappiano anche perché non è facile distinguere le opere di Francesco Albani da quelle di Giovan Battista Viola. I due vivevano nella stessa casa e uno aveva sposato la figlia della moglie dell'altro».

Dai blog