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di Dario Salvatori Fu Sergio Bernardini, il più abile impresario italiano, a portarla per la prima volta in Italia.

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DonnaSummer arrivò nell'estate del 1977, pagata 17 milioni per il suo primo concerto italiano e preceduta dal mitico successo di «Love to love you baby», un brano erotico con tanto di gemiti e mugolii, «una maratona di orgasmi», come si disse allora. La registrazione fu realizzata nel 1975 nell'oscurità più assoluta, dal momento che la cantante doveva immaginare «cosa avrebbe fatto Marilyn Monroe», improvvisando le parole. Giorgio Moroder, il «visionario» produttore italiano di tutto il progetto, incantato dal risultato orgasmico, convinse la Summer a far uscire la canzone sotto suo nome. Neil Bogart, il presidente della sua casa discografica, la Casablanca, ebbe l'intuizione di chiedere un mix esteso, che divenne una versione da diciassette minuti e che in quell'anno si trasformò in un classico della cultura «disco» di tutto il mondo. Fu a quel punto che l'astuto Moroder si inventò un ruolo per la Summer, sostenendo che gli orgasmi in sala di registrazione erano tutt'altro che inventati. Il disco sfondò prima in Europa poi in America, nonostante fosse stato bandito da molte radio. «Love to love you baby» divenne un must delle notti da discoteca, imponendo almeno due consuetudini: l'utilizzazione dei mix lunghi su brani singoli (per consentire ai ballerini di non abbandonare mai la pista) e la presenza della voce sexy nel genere dance. Tutto ciò creò un parossismo da pedana e i produttori iniziarono a preoccuparsi fino alla demenza di far ballare ogni tipo di pubblico. Sia la Summer che Moroder erano in Germania a cercar fortuna. Lei, LaDonna Andre Gaines, era stata ingaggiata per la versione tedesca del musical «Hair», dove avrebbe incontrato e sposato l'attore tedesco Helmut Sommer. Moroder, che campicchiava con la musica di sonorizzazione, suggerì il cambio di nome in Summer, ma soprattutto ebbe l'idea dell'esasperato uso del sintetizzatore, destinata a rivelarsi una delle innovazioni chiave nello sviluppo della dance elettronica, ma la Summer ci mise tutto il resto. Metà della storia della musica da ballo era scritta. Arrivarono uno dopo l'altro importanti successi, quali «Try me, I know we can make it», «I remember yesterday», «Hot stuff», qualche duetto azzeccato ma soprattutto con la costante ansia di dover dimostrare che non era semplicemente un prodotto inventato. Divenne la cantante da «ventitré orgasmi a brano», il record dell'amore «raccontato» a chi non ha fantasia individuale. «Si dubita addirittura della sua esistenza - scrisse l'umorista Luca Goldoni - niente paura: lo stesso destino è toccato ad Omero». Imprigionata, stritolata, annullata. Si ritrovò all'interno di un meccanismo che certamente non desiderava. Per la prima metà degli anni Ottanta, visse sulla scia di un successo meritato ma un po' appannato, poi la crisi. Due i momenti di vivacità artistica: l'adesione al settore della Christian Music (molto seguito e apprezzato negli Stati Uniti) e la pubblicazione, nel 2008 di un ottimo album, «Crayons», da cui era lecito aspettarsi un maggior successo di pubblico. Un album pubblicato dopo 17 anni di assenza, accompagnato da un tour mondiale, basato su un repertorio in grado di mettere in evidenza le sue doti vocali, non certo disprezzabili. Tentativo riuscito solo parzialmente. La Summer - che continuava a sostenere «sono sparita per non vendere me stessa» - era per tutti un prodotto vintage, revivalistico. Soprattutto per il pubblico più giovane, avido degli eccessi e dei riti degli anni Settanta. Nella famiglia, al contrario, ha sempre trovato quella tranquillità che lo show-business ha negato a lei e ad altre protagoniste di quell'epoca. Il marito, Bruce Sodano, ottimo chitarrista, le figlie Brooklyn e Amanda, rispettivamente attrice e cantante, hanno contribuito ad una serenità privata addirittura invidiabile. Tempo fa, in una delle sue ultime interviste, forse cercando di prendere le distanze dal genere a cui doveva tutto, dichiarò, orgogliosa, che ormai le sue canzoni, svuotate di ogni significato sexy, erano ormai evergreen, come quelle di Frank Sinatra. Nella sua autobiografia, «Ordinary girl», ci tenne a far sapere che realmente si riteneva una ragazza qualunque, solo un po' più fortunata delle altre, magari ammettendo qualche civetteria. Per esempio avere come vicina di casa a Los Angeles, Sophia Loren, che ha sempre considerato la sua maestra. «Mi ha insegnato a convivere con la celebrità, a mettere al bando ogni pretesa, tutte quelle stranezze che distruggono la vita, ma soprattutto ad essere me stessa e a non avere paura del pubblico». Cosa rimane di quel mondo musicale di Donna Summer? Probabilmente ne sapremo di più fra qualche mese, quando uscirà un film basato sulla sua vita, ma è un fatto che il mondo delle discoteche è profondamente cambiato. Negli anni in cui la Summer era l'incontrastata regina, si affrontava la notte con più spensieratezza, ci si divertiva con meno e con più facilità. Oggi tutto questo è solo un ricordo. Non la musica, attualissima, con i riempipista che sono sempre gli stessi. Anni Settanta. Donna Summer per prima.

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