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di Dina D'Isa Parte stasera su Rai Storia, dal martedì al venerdì alle 23 (più le repliche), un nuovo programma che racconta il Bel Paese degli anni Cinquanta, Sessanta, Settanta e Ottanta.

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Eancora, sondaggi d'epoca per riscoprire l'opinione degli italiani del tempo sui temi più disparati, reportage dal mondo del collezionismo, rilettura delle lettere nei giornali di allora, classifiche su mode, personaggi, bizzarrie del decennio e tanto altro. Punti di forza del programma i preziosi materiali delle Teche Rai, collegati telematicamente attraverso meccanismi ipertestuali. Nell'Anno europeo del dialogo e della solidarietà tra le generazioni, Rai Storia e Memoro.org (la banca della memoria) vareranno un progetto no-profit per la Costituzione di un archivio di esperienze di vita in tutta Europa. Verranno, così, scelti racconti audio e video per invitare i giovani a diventare «cercatori di memoria», come ha sottolineato il direttore di Rai Educational Silvia Calandrelli. Ogni puntata raccoglierà anche un confronto intergenerazionale tra Costanzo e Matteo, un 13enne, un «nativo digitale», per creare uno scambio originale di informazioni tra generazioni distanti. Costanzo, di cosa parlerà in particolare con un ragazzino tanto giovane, che di decenni passati ne saprà davvero poco? «Matteo, così si chiama il ragazzo con il quale avrò un confronto di pochi minuti in ogni puntata, mi ha invece stupito moltissimo. Sono rimasto sorpreso dalla curiosità di questo giovane, di padre argentino e madre italiana, che rappresenta di fatto tutti i giovani della sua generazione. Credevo di dirgli: "Guarda, adesso ti spiego io la vita" ed è finita che è stato lui a spiazzarmi facendomi capire con quale e quanta immediatezza circolano sul web le informazioni». Il web può, quindi, diventare una piattaforma per la cultura giovanile? «Sicuramente sì. Una volta ho nominato a Matteo i Teddy Boys e pensavo che non sapesse nulla di loro. Invece, prontamente mi ha risposto: "Sì, ho capito, sono quelli che vivono di bullismo". Sono rimasto sbalordito e sempre più non credo affatto che il web faccia male, a parte, certo, l'eccesso di ore che non è mai consigliabile in nessun campo. Però, sono sempre più portato a credere che il meglio sia nel futuro e nei giovani, nelle loro scelte. Ed è un bene che i ragazzini sappiano la verità, le notizie attorno alle quali gira il mondo di oggi». Però, lei condurrà un programma sulla memoria e sul nostro passato, perché questa scelta se si sente più proiettato verso il futuro? «La verità è che mi hanno chiamato perché sono un giornalista anziano, con buona memoria, che ha vissuto gli anni Cinquanta, Sessanta, Settanta e Ottanta. E poi in questo programma, che andrà in onda fino a dicembre, c'è una preziosa quantità di materiale delle Teche Rai, un patrimonio con una importantissima memoria elettronica che spazia in tanti settori e con tanti personaggi, come Nino Taranto. A me piace rivedere le cose del passato, ma non più di tanto. Sono più curioso di vedere quello che andrà in onda il giorno dopo, per questo, mi leggo sempre le rassegne stampa di notte. E poi la memoria è importante anche per i ragazzi, soprattutto ora che non esistono più quelle figure dei nonni anziani, pronti a tramandare e a raccontare le loro storie del passato. Adesso ci sono le tate, i nonni tendono a non voler più invecchiare e non rispecchiano più l'icona dell'anziano, del grande vecchio». Lei com'era da ragazzino? «Mi stupivo molto più facilmente dei ragazzi di oggi. A 17 anni e mezzo facevo già il giornalista come volontario al Paese Sera, non prendevo un soldo, ma non me ne importava nulla perché sognavo di fare quel lavoro e metterlo in pratica era per me tanto. La passione aiuta a fare meglio i sacrifici. Poi, è arrivata la legge per rendere il giornalismo una professione ed è stato un bene». Cosa ne pensa del modo di fare oggi la televisione? «La televisione ha problemi di costi da tagliare, su un prodotto che ha un drammatico uso crescente di repliche, con la conseguente diminuzione degli ascolti e la successiva dispersione dei telespettatori sui vari canali. Mancano programmi forti di aggregazione. I reality sono tramontati, i talent show, invece, reggono quando sono però realizzati bene, come nel caso di "Amici". Non c'è più la fidelizzazione alle belle trasmissioni di una volta e lo zapping impazza a tutte le ore. L'unico che è riuscito ad aggregare tutta la famiglia davanti a un programma è stato Fiorello, che ha messo insieme tutti i temi che piacciono ai vari membri della famiglia: ai genitori e ai figli, più grandi o più piccoli, tra divertimento e attualità. Fiorello è davvero l'unico esempio, almeno per ora».

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