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«Siate amabili» secondo le regole di San Francesco

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Potremmoassumere a emblema delle pagine che seguiranno questo motto che padre Enzo Fortunato propone ai suoi lettori, sulla scia di quel Francesco d'Assisi pronto sempre a chinarsi sulla quotidianità, fatta di riso e lacrime, di animali, di fiori e di pietre, di uomini e donne, di invocazioni e di imprecazioni. Si cita Claudio Magris in una sua battuta suggestiva: "La chiesa accanto all'osteria, entrambe offrono pane e vino all'uomo". Infatti, Cristo, da un lato, ha amato gli incontri a pranzo, tanto da sollecitare il sarcasmo dei rigoristi che l'hanno bollato come "un mangione e un beone" (Matteo 11,19). E, d'altro lato, ha affidato la sua presenza gloriosa di Risorto ai segni modesti del pane e del vino, quelli che la terra offre sempre come risposta al lavoro dell'uomo. È, dunque, su questa trama lieve che scorrono le brevi e limpide riflessioni di padre Enzo, vere e proprie schegge di umanità, di spiritualità, di sapienza che si annodano attorno ai tre sguardi che ciascuno di noi può rivolgere all'esterno». Queste le parole con le quali il cardinale Gianfranco Ravasi apre la prefazione del libro «Siate amabili» (Edizioni Messaggero Padova e in uscita in questi giorni in tutte le librerie) di padre Enzo Fortunato, responsabile della sala stampa del Sacro Convento, che ripercorre una serie di editoriali pubblicati dal frate di Assisi. Il sacerdote incita, attraverso le parole del Santo, «a mettete da parte le offese, le ingiurie, i pregiudizi». Il saggio vuole così diventare un episodio di vita che incontra, abbassa le barriere ma costruisce ponti. Non è semplice, ma occorre provarci «per gustare profumi e sapori che disinquinano l'aria che siamo chiamati a respirare», ha sottolineato padre Fortunato. «È la virtù tutta francescana della mitezza, della dolcezza, dell'umiltà, virtù - scrive il cardinale Ravasi nella prefazione - che ha in Cristo e nel suo Vangelo la sua sorgente, proprio come confessava san Francesco nel suo Testamento (1226): "Lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo la forma del santo Vangelo" (n.14). Tutti i temi, che affioreranno nei vari capitoletti, contemplati con gli occhi del Santo di Assisi, sono immersi in quest'aura di amabilità che li trasfigura. Si parla, così, di amore, fraternità e tenerezza: "Ciascuno ami e nutra il suo fratello, come la madre ama e nutre il proprio figlio", si legge nel capitolo 9 della Regola non bollata (1221). Ma si presenta pure il dolore, anzi, "il talento del dolore" perché le ferite sono anche una lezione di vita (pathémata mathémata, dicevano già gli antichi Greci con un gioco di parole legato ai "patimenti" che diventano "insegnamenti"). Quasi come in un filmato passano in questo libro tutte le iridescenze dell'esistenza e della storia: la bellezza e la solitudine, la povertà e il dono, la famiglia e la società, i diritti e i doveri, la felicità e il riposo, le stagioni e le feste, il lavoro e la vacanza, il male e la conversione, gli eventi nazionali e i fatti personali quotidiani, i grandi personaggi ecclesiali come gli ultimi Papi e i momenti importanti vissuti dal Sacro Convento di Assisi, per giungere fino alla nuova comunicazione affidata alla rete e all'informatica che avvolge ormai il nostro globo. La semplicità francescana dello stile e del dettato di padre Fortunato si àncora talora anche alle parabole e agli esempi dell'esperienza concreta, creando vere e proprie narrazioni come accade per "la storia di una porta" o come avviene nel "miracolo" di Ottavio da Mondragone, oppure nell'evocazione di scene tratte da film».

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