Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

L?ALTRO FESTIVAL Le canzoni nella rete del cattocomunismo

default_image

Emma fa la rivoluzionaria di fronte alla centrista Arisa

  • a
  • a
  • a

C'èil motivo di Emma, che ha vinto il Festival, orazione cattocomunista alla rabbia precaria dei trentenni o giù di lì, ché Non è l'inferno ma come gli somiglia, di rima in rima «ho...dato la vita e il sangue per il mio paese / e mi ritrovo a non tirare a fine mese» su su, dal sociale inconsolabile sino all'alto dei cieli, «in mano a Dio le sue preghiere». C'è Arisa, seconda classificata con La Notte ed i versi che paiono improntati al ritorno romantico dello stare al centro, «né vincitori né vinti si esce sconfitti a metà / la vita può allontanarci l'amore poi continuerà» perché chi ama è sempre in mezzo (fosse solo per l'attenzione). E poi c'è Noemi, Sono solo parole, terzo posto con una canzone dove neppure il vocabolario pare farcela più, visto che si ha «l'impressione di restare sempre al punto di partenza», perché come dicono gli anziani nei bar, giocando a tressette-briscola&scopa, in Italia non cambia mai nulla e parlare è ormai inutile. Buonsenso, cultura dominante, cattocomunismo, centrismo, lateralismo, rabbia, qualunquismo. Su tutto la musica. L'Italia, dal 1945 in poi è una ribollita di sentimenti e di identità e Sanremo lo è con lei, da 62 anni. Ora che le baby pensioni appartengono al passato e fino a 65 (se non oltre) compleanni toccherà di lavorare, Sanremo ha ancora qualche annetto da sgobbare. Questo 2012 - simbolo della grande crisi, del governo tecnico, delle polemiche sull'articolo 18 - l'ha sfangato. Su quel palco Emma pareva la più rivoluzionaria, la più arrabbiata (look compreso) e gridava «dimmi cosa devo fare per pagarmi / da mangiare, per pagarmi dove stare / dimmi che cosa devo fare. No, questo no, non è l'inferno ma non / comprendo com'è possibile pensare che / sia più facile morire». Arisa, il cui personaggio è ormai entrato nell'immaginario degli italiani (compresa la parodia ironica che Fiorello e Baldini ne hanno fatto nello show «Il più grande spettacolo dopo il weekend») ci rammenta invece che sì, ci sarà anche la notte, ma poi passa: «La testa parte e va in giro in cerca dei suoi perché / Né vincitori né vinti si esce sconfitti a metà / La vita può allontanarci l'amore poi continuerà». In fondo, un po' lo stesso destino del centro nella politica italiana: sembrava finito in un tunnel, senza uscita, ed invece rieccolo industriarsi, nel guado di una crisi della destra e della sinistra. Si sa, in un paese piccolo prima o poi dalla piazza bisogna pur passare. Dopo Emma ed Arisa, Noemi. Le parole della sua canzone - ah, l'amore! - servono a dirci che non sono solo...parole: «Cercare un equilibrio che svanisce ogni / volta che parliamo / e fingersi felici di una vita che non è come / vogliamo / e poi lasciare che la nostalgia passi da sola / E prenderti le mani e dirti ancora / Sono solo parole / Sono solo parole / Sono solo parole le nostre / Sono solo parole». Per la verità sono soltanto canzoni. O forse no. Del resto, quelle tre donne sul podio, Emma l'arrabbiata, Arisa, la centrista e Noemi che non ha parole, sembrano specchiarsi nei tre uomini del festival: Adriano Celentano, il rivoluzionario, Gianni Morandi, il paciere, e Pupo, il senso comune, nello sketch del contraddittorio, andato in scena la prima sera del Festival. Celentano: «Una bella mattina io mi alzo, esco di casa, convinto di essere sovrano (...) E magari incontro Pupo e mi dice, "uhé guarda che tu non sei nessuno"». Pupo (seduto in platea, si alza, l'espressione arrabbiata): «Ma cosa stai dicendo, ma chi ti credi di essere? Questa sera hai detto una grande verità, tu non sei nessuno». Entra Morandi, il bravo presentatore: «Scusa, cosa sta succedendo?». Pupo se la prende con Morandi: «Ma da quando in qua sei diventato un paladino delle battaglie perse della sinistra». Morandi: «Ma quale paladino e paladino...». In questo siparietto, c'è la parodia dell'Italia, dei suoi talk show, con le solite manfrine del contraddittorio, della sua destra, del suo centro, della sua sinistra, dello stare sopra e dello stare sotto. Del cattocomunismo, del qualunquismo, del moralismo e del buonismo. E - aggiungiamo noi - pure del Festival di Sanremo, specchio bramoso di una nazione che lo segue a milionate (di spettatori). Come ha scritto il poeta Umberto Saba: «Amai trite parole che non uno / osava. M'incantò la rima fiore amore / la più antica, difficile del mondo». E l'anno prossimo (senza Saba) all'Ariston di Sanremo, si replica.

Dai blog