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Quei pochi applausi per Celentano assente

Rocco Papaleo, Belen Rodriguez, Elisabetta Canalis e la top model ceca Ivana Mrazova sul palco del teatro Ariston

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SANREMO Evviva l'applausometro. Quando Morandi, in apertura, celebra gli ascolti colossali del debutto festivaliero ci si accorge che lo share non coincide con il vecchio caro, bistrattatissimo indice di gradimento. Praticamente un italiano su due che martedì gravitasse attorno a un televisore acceso, era finito risucchiato nell'apocalisse sanremese. E a giudicare dalla standing ovation dell'Ariston, pareva quasi che Celentano fosse pronto per il 2013: le elezioni, ovviamente. Invece stavolta, lo credereste? Gianni prova a celebrare la "memoria" dell'amico infilzato dagli anatemi, e dalla platea parte un clap clap scamuffetto e moscissimo, che si sospetta ispirato dallo staff. Il pubblico, temendo la scomunica, prende le distanze. Siamo uno strano Paese, è sempre l'8 settembre. I have a dream. Eppure Gianni si era lanciato sull'abbrivio di Martin Luther King, al quale era dedicata la coreografia di Ezralow: «Se bianchi e neri possono mettersi d'accordo vuol dire che può farlo chi ha opinioni diverse». Evocava Adriano, uno con il quale si può andare facilmente d'accordo. Basta non contraddirlo.   Sex thriller. Il mondo dello spettacolo presenta spesso dei risvolti sordidi. Quando Belen scende le scale e arriva al proscenio, seguita come un'amichetta invidiosa da Ely Canalis, si teme definitivamente per la sorte della povera Ivanka. Mentre l'abito (abito?) della venere argentina provoca per due volte l'istantaneo fallimento di migliaia di matrimoni (a un certo punto si intravede il limitare del giardino segreto, in tutta Italia volano piatti, e i mariti sbavanti vengono cacciati immantinente di casa) all'Ariston vengono ingaggiati detective privati. Stai a vedere che come la modella ceca, convalescente e con certificato medico in mano, si è avvicinata al teatro, l'hanno presa alle spalle, legata, imbavagliata e buttata dentro uno sgabuzzino buio. Ma rimirando gli scollinamenti del corpo di Belen, qualcuno rimpiange la Mrazova? Papaleo, che è fortemente miope, si ritrova vicino la Canalis, e si contenta. Poi eccola, a metà serata, con il suo regale collarino. Ride cavallina, dice scemenze, ma chissene. Come va la cervicale? Guardando la balconata e l'anca paradisiaca e nella speranza di curarla, a Sanremo tutti si improvvisano medici, pranoterapeuti, paragnosti. Papaloden 2. La sua miglior battuta è quella che pronuncia prima della diretta, nei corridoi, quella che non aveva avuto il coraggio - ammette - di sparare la sera prima dal palco. «Che bello il Festival ospite di Celentano». In assenza di «sua immensità» Papaleo cazzeggia su di lui: «bello l'intervento di ieri di Adriano, mi fa specie che sia passato inosservato, soprattutto in sala stampa», dove aveva cercato di indurre i giornalisti alla gentilezza recitando una poesia di Brecht. Sul palco si ripresenta in loden, ma con il casco da cantiere («conduttore tecnico»), pronto a riparare i guasti che paiono incombere sull'Ariston, in quest'edizione un po' sfigata. Se va in tilt il voto elettronico? Lui consegna le palette «di Fantastico» a Mazza, chiamandolo «presidente». Promoveatur ut amoveatur? Giberna da caserma. Invecchiando, Gianni ha perso un po' di educazione. Martedì, nel Festival del Turpiloquio anche lui si era lasciato andare a un «caz...». Ieri, fuori copione, ha letto le regole per il televoto ed è sbottato: «Che palle dover dire tutta 'sta roba». E tutto questo poco prima dell'intervento - esilarante - dei due "Soliti idioti". Con il "figlio" pronto a "buttarsi" dalla piccionaia (citazione sanremese-baudesca) e il "padre" sempre sul punto di sputare parolacce. Prende per i fondelli Gianni («Ma nun stavi ar gabbio?»), Pupo («Pareva Shakespeare»), poi, in sottofinale, lancia l'acuto genitale («Caaaaaa.......») e chiude con un vero lampo: «A Sanrè, vattelaa pijà nder cuccuruccu paloma, ahiahiahi Maranooo». Fossero salite lassù le Due Mazze, si sarebbero buttate per davvero. Poi i Soliti Idioti tornano travestiti da tennisti ricchi e razzisti. Hard-rap sboccato, si ride meno. Al terzo giro i due comici (Francesco Mandelli e Fabrizio Biggio) azzardano la parodia dei gay, punzecchiando Giovanardi e chiudendo con un bacio in bocca all'esterrefatto Giberna, che giura di «non avere nulla contro gli omosessuali» e chiede soccorso a Mazza, che ormai pare una statua di sale. La gara. I Soliti Idioti servivano per garantire l'incollaggio del pubblico ventenne. C'era la sfida a ok Corral dei giovani, e dai quarti di finale sono passati il favorito (un prodotto della scuderia Scotti–Io Canto), il 15enne Alessandro Casillo, la talentuosa Erica Mou, il già maturo Marco Guazzone, la convincente Celeste Gaia. Auguri anche agli altri, sopratutto alla grintosa Giulia Anania. Ma la vera sorpresa arriva a notte fonda, con la eliminazione senza appello dei quattro big: D'Alessio-Bertè, Carone-Dalla, Fornaciari, i formidabili Marlene Kuntz. Cribbio.

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